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8 MARZO tra conquiste, sconfitte e nuove battaglie

Sembra ormai che tutto sia stato detto e scritto sulla donna, ma non possiamo sentirci ancora soddisfatti. Tutt’altro. È vero che parlando con i più giovani della condizione femminile si possono avere reazioni quasi di sazietà – tanto sono cambiate in Italia le situazioni di vita delle donne negli ultimi decenni, che le giovani generazioni neppure immaginano – , eppure il mondo femminile continua ancora a pagare alti costi, sia per arrivare a condizioni di parità e di simmetria circa i diritti-doveri della coppia, sia per arrivare all’uguaglianza di opportunità lavorative tra i due sessi. La disoccupazione resta troppo al femminile. Per la donna pare più difficile, ancora adesso, acquisire o mantenere una certa autonomia economica, accedere ad alcune professioni, giungere a posti di alta responsabilità. Diventare madre sembra oggi una scelta possibile solo in età matura e la donna-genitore deve poi molto faticare per conciliare i diversi ruoli. I gravi ritardi di governo e regioni verso una politica sociale a misura delle famiglie e a sostegno della genitorialità pesano molto sulle donne che vogliono crescere i figli senza rinunciare all’impiego, o si ritrovano ad accudire malati e anziani in casa. E se fossero questi i nuovi impegni dei movimenti femminili sul fronte sociale e civile? Betty Friedan, leader femminista americana, già trent’anni fa aveva proposto una nuova strategia capace di aprire – come diceva il titolo dell’opera – una “seconda fase” al neofemminismo, da rivedere in relazione ai bisogni nuovi della donna. E avvertiva che non bastava l’affermazione di veri o presunti diritti individuali a far nascere un’umanità nuova. La riscoperta della famiglia come luogo di rapporti autentici fra le persone, come spazio della e per la vita, nasceva nella scrittrice americana dall’intuizione dei limiti di un rivendicazionismo condotto prevalentemente sul versante dell’ individuo al femminile. La famiglia, in quanto prima e spontanea unione di persone, le appariva la struttura più idonea a difendere le persone stesse; ecco perché, secondo la Friedan, le donne dovevano riprendersi la famiglia. Quella che era stata la cittadella del maschilismo diveniva così, in tale prospettiva, la nuova frontiera del femminismo. La Friedan coglieva il diffuso malessere che, dopo anni di lotte condotte per ottenere la parità dei diritti e la piena partecipazione, serpeggiava nei movimenti femminili. E rilanciava: come vivere l’uguaglianza che le donne si sono conquistate? Come conciliare lavoro, casa, matrimonio e figli? Risposta: Dire no alla mistica della femminilità e organizzarsi per combattere contro la discriminazione sessuale è stata solo la prima fase. Dobbiamo riuscire a superare la polarità della prima fase e anche la rabbia del nostro ”no”, per giungere alla seconda fase: la ristrutturazione delle nostre istituzioni sulla base dell’uguaglianza reale tra donne e uomini, così da poter dire un nuovo “sì” alla vita e all’amore, e poter scegliere di “avere figli”. C’è da sperare che la presenza più incisiva delle donne riesca a mettere queste prospettive nell’agenda politica.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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