Come cambia la Sanità umbra
Per conoscere il nuovo modello organizzativo abbiamo intervistato Claudio Ricciarelli, Segretario regionale CISL
I dati del “Rapporto SaniRegio 2011” del CeRM pongono l’Umbria come modello nazionale per la gestione della sanità. E questo, sia per la spesa pro-capite più bassa che per l’efficacia delle prestazioni erogate. Quale la percezione del cittadino, rispetto a questi dati?
Indubbiamente il nostro giudizio è positivo, poiché tutto ciò è stato possibile utilizzando le uniche risorse che il Sistema Sanitario Nazionale ha trasferito alla nostra Regione, senza utilizzare tasse regionali e ticket. Ma lo scenario che si presenta oggi obbliga tutti noi a ripensare profondamente il modello organizzativo e gestionale, se vogliamo mantenere gli standard di qualità finora raggiunti.
Con la manovra finanziaria, alla Regione verranno a mancare 38 milioni di euro per l’anno 2013 e 83 milioni di euro per l’anno 2014: tutto questo non mette in forse i Livelli essenziali di Assistenza – che restano un “impegno programmatico per il SSN” – ed il mantenimento di un sistema sanitario “universalistico”?
Per la CISL la questione della sostenibilità finanziaria va affrontata con un coraggioso e tempestivo processo di riforma e riorganizzazione, conservando i livelli di qualità e quantità dei servizi sanitari alle persone, senza ridurre la spesa per il personale che, al contrario, va adeguata in molte situazioni di assoluta carenza. Dobbiamo imparare a fare meglio, pur disponendo di meno risorse!
Ed è possibile, questo?
Sì, riqualificando la spesa e risparmiando sulla riorganizzazione delle Strutture e dei Servizi. Occorre evitare duplicazioni e sovrapposizioni, ottimizzare i costi di finanziamento e approvvigionamento, contrastare sprechi ed inefficienze che pur esistono. È indilazionabile una cooperazione ed integrazione fra Aziende-Ospedale e Territorio in termini generali.
Non ritiene, ad esempio, che il sottoutilizzo della tecnologia per la diagnostica per immagini sia uno degli sprechi e da sanare?
Indubbiamente avere tante PET-TAC, risonanze magnetiche ed altra tecnologia di alto costo ed utilizzarle per poche ore al giorno è una stortura da risolvere. Anche perché i cittadini percepiscono come cattiva sanità le lunghe liste d’attesa. Inoltre, occorrono anche le giuste professionalità e tempi di utilizzo adeguati per giustificare gli investimenti fatti.
Anche la Presidente Marini parla di una “rete ospedaliera ridondante”.
Negli ultimi anni è stata adottata una politica di riduzione e ammodernamento della rete ospedaliera. Oggi si impone una riorganizzazione più funzionale dei 15 Ospedali umbri, in una logica di rete unitaria fra Ospedali Regionali, i DEA e quelli di comunità con una governance unitaria. Va potenziato il ruolo dei due ospedali regionali, Perugia e Terni, nell’attività di alta specializzazione e di ricerca scientifica in un nuovo rapporto con l’Università. I due nuovi ospedali di Narni-Amelia e del Lago Trasimeno dovranno avere una funzione complementare alla rete ospedaliera regionale, contribuendo alla riduzione della cosiddetta “mobilità passiva “ che incide per 80 milioni di euro l’anno!
Una delle criticità più evidenti del nostro Sistema Sanitario sta nella insufficienza dei servizi sanitari territoriali. Cosa propone la CISL?
È indispensabile ridare un’effettiva centralità ai servizi sanitari del territorio, se vogliamo concretizzare la politica della prevenzione, delle cure primarie e dell’integrazione socio-sanitaria. In Umbria esistono 12 Distretti Sanitari e 33 Centri Salute. Si impone la valorizzazione del Distretto Sanitario come struttura di tipo complesso, con una Direzione adeguata. Siamo una delle regioni più vecchie e questo è un problema aggiuntivo, che richiede risposte adeguate in termini sanitari e sociali. In accordo con i Comuni, dobbiamo promuovere le strutture residenziali e semiresidenziali per gli anziani, anche con moduli assistenziali differenziati. È indispensabile organizzare l’assistenza domiciliare anche integrata per la non autosufficienza. Va sviluppato un regime ambulatoriale che faccia da filtro al Pronto Soccorso e all’Ospedale: prossimamente la gestione dei codici bianchi dovrà essere di pertinenza territoriale, evitando un sovraffollamento improprio del Pronto Soccorso ospedaliero.
In tutto questo, come dovrà cambiare la funzione del medico di medicina generale?
Credo che occorra facilitare collaborazioni funzionali con i medici di famiglia, riqualificandone il ruolo e fornendo dotazioni strumentali per le attività assistenziali di primo livello. Dal punto di vista gestionale, gli ambiti distrettuali dovranno coincidere con le future Unioni Comunali. È indispensabile assicurare i servizi nell’arco delle 24 ore: pronto intervento di primo livello, servizi per la lunga degenza e le dimissioni protette (per i quali abbiamo 150 posti per una domanda di circa 900).
La materia trattata è di una notevole complessità. Abbiamo toccato soltanto alcune delle problematiche del pianeta sanità in un momento particolarmente difficile per il sistema economico-finanziario del paese, e mi riprometto di tornare sull’argomento nei prossimi mesi, ma una domanda finale mi sta particolarmente a cuore: non crede che sia giunto il momento che i partiti e la logica del consenso a tutti i costi facciano un concreto passo indietro rispetto alla logica delle competenze professionali, prerequisito irrinunciabile di ogni attività umana?
Dobbiamo constatare che troppo spesso l’invadenza della politica e dei partiti hanno prodotto logiche distorte, prendendo il sopravvento su quelle della professionalità, dell’impegno e della serietà dell’operatore, del professionista o del dirigente in generale. Questo è uno dei veri mali che stanno alla base di tanti sprechi e inefficienze del sistema pubblico italiano e regionale. Un’attenta valorizzazione del personale medico, infermieristico, tecnico, amministrativo ed ausiliario deve essere quella marcia in più che fa la differenza nell’efficienza e qualità di un servizio.
© Gazzetta di Foligno – GIANCARLO NIZZI