Spigadoro di Foligno. Il momento della responsabilità
Il 29 agosto 2011 la Spigadoro S.p.A. ha licenziato gli operai dello stabilimento di Foligno. Causa: “cessazione attività”. Parte dei 55 dipendenti in mobilità hanno stazionato di fronte allo stabilimento per tre settimane tra ottobre e novembre, in attesa dell’apertura di un tavolo di confronto tra la Regione e la famiglia Podella, attuale proprietaria del marchio Spigadoro. L’incontro è avvenuto l’11 novembre, assente Giuseppe Podella, sulla carta Consulente Tecnico dell’azienda. Gli operai dello stabilimento sono in mobilità dalla metà di ottobre. Oggi la sfiducia ha assunto le forme più semplici. Angoli retti, superfici piatte. Il capannone sulla strada statale Flaminia sembra addirittura dismesso. Di notte si notano ancora due finestre con le luci accese.
Ci sono novità? “Nessuna. L’acquisto dello stabile è impossibile perché di proprietà della società di leasing. L’unica opzione è il subentro in affitto, ma non sappiamo ancora nulla. Dovremo incontrare la Regione e la proprietà”. Massimo Venturini, responsabile dell’industria per la Cgil, ci spiega la situazione. Dichiara di non tenere i contatti con Giuseppe Podella: “Se facciamo il resoconto delle cose non vere che ci sono state dette, sono molte. I lavoratori sono stati licenziati due volte. Una volta dalla Podella e l’altra dalla proprietà che doveva subentrare”. Una cordata d’imprenditori laziali, guidata da Bernardino Quattrociocchi, era pronta a rilevare l’azienda in ottobre. Non è stato così. “Il venerdì mattina erano pronte le lettere di assunzione, ma la sera dello stesso giorno è saltato tutto. Ci sentiamo sfiduciati per quanto è accaduto”, racconta Mauro Spuntarelli, delegato della Cgil e operaio alla Spigadoro dal 1997, capo turno in produzione. È giovane come molti suoi colleghi, tra i 40 e i 50 anni. A sentire lo stesso Podella la cordata di Latina “si è tirata indietro”. E l’obiettivo ora? “È sempre quello di riaprire”.
Luca Barberini, consigliere regionale PD, sottolinea: “Ogni giorno di più diminuisce il valore dell’azienda e quindi l’interesse da parte di ipotetici acquirenti. Noto uno scarso interesse da parte della proprietà. Sembra inspiegabile. La Regione ha strumenti prettamente politici. Può aprire un tavolo, chiamare le parti interessate, può intervenire con qualche finanziamento per accompagnare i nuovi imprenditori. Ma non può vendere, quello spetta alla famiglia”. Oggi il tavolo è (quasi) aperto, infatti, stando a quanto anticipa alla Gazzetta lo stesso Vincenzo Riommi, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione, “la data dell’incontro sarà tra giovedì e venerdì di questa settimana”. Regione, Sviluppumbia e Podella sono stati sollecitati dalla proposta inviata il 30 novembre dai sindacati riuniti: Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto “l’attivazione di un tavolo di confronto per una verifica sullo stato reale delle prospettive per lo stabilimento Spigadoro”. Ormai da tempo si parla dell’interessamento di alcuni imprenditori umbri all’impianto, tra i quali figurerebbe, secondo indiscrezioni, il distributore per l’India della stessa Spigadoro.
I problemi sono molteplici, secondo Barberini: “Forse chi sta al volante è senza manico”. Di altra opinione è Loreto Fioretti, responsabile della Cisl: “La famiglia Podella sta facendo di tutto per riaprire. Lavoriamo per salvaguardare il marchio, i posti di lavoro e perché si continui a produrre a Sant’Eraclio. Pregiudizi verso la famiglia non ne ho”.Il problema è il tempo, potrebbe essere difficile, infatti, riprendere la produzione tra qualche mese, quando i clienti se ne saranno andati e il marchio avrà perso credibilità. Gli operai non vogliono parlare, si fidano di chi li rappresenta. Alcuni suggeriscono che le condizioni della società Spigadoro sono tali per cui, la proprietà, non può neanche pensare di uscire dalla vicenda accedendo al concordato preventivo, se non si risolve il problema dello stabilimento folignate, di proprietà della società di leasing. Secondo indiscrezioni, la famiglia ha determinato condizioni difficili di mercato, con cifre troppo alte. La liquidità della vendita permetterebbe l’accesso al concordato preventivo. Negligenze? “Anche”. È fiducioso? “Sì”, dice Venturini. Crede che esista una giustizia sociale? “Non in questo Paese”.
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