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La Chiesa “interferisce” sulla finanza

Nel mese scorso il Pontificio consiglio della giustizia e della pace ha preso posizione sulla gravità della crisi mondiale con un documento dal titolo Per una riforma del sistema finanziario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale. La Chiesa teme che senza una soluzione delle ingiustizie che travagliano il mondo di oggi, le conseguenze negative che ne derivano sul piano economico, sociale e politico possano generare situazioni di rabbia e di rivolta capaci di minare le basi stesse delle istituzioni democratiche. All’origine della crisi si indicano il liberismo economico senza regole e senza controlli, la perdita del primato dell’etica e della politica sulla finanza, una visione dell’economia all’insegna dell’utilitarismo, dell’individualismo e della tecnocrazia. La crisi pare causata soprattutto dalla finanziarizzazione dell’economia: la decisione politica, presa più di dieci anni fa, di liberalizzare il mercato dei capitali ha dato la stura alla produzione dei derivati e alla speculazione. Per questo il documento auspica una forte capacità di governo che faccia recuperare alla politica il suo ruolo e avanza alcune proposte: “misure di tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque”, anche per “contribuire alla costituzione di una riserva mondiale, per sostenere le economie dei Paesi colpiti dalla crisi e il risanamento del loro sistema monetario e finanziario”; “forme di ricapitalizzazione delle banche anche con fondi pubblici, condizionando il sostegno a comportamenti virtuosi finalizzati a sviluppare l’economia reale”. C’è soprattutto l’idea di istituire una nuova autorità finanziaria mondiale, “una sorta di Banca centrale che regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari, alla stregua delle banche centrali nazionali”. E l’Onu viene indicata come il punto di riferimento più efficace in questo processo di riforma verso un’autorità pubblica mondiale. Sia l’analisi che le proposte sono in linea con il più recente insegnamento sociale della Chiesa. È stato Giovanni Paolo II a ricordarci che l’economia libera o di mercato deve incrementare la ricchezza in termini soprattutto qualitativi, finalizzati cioè allo sviluppo globale e solidale dell’uomo e della società; ma deve essere “inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale”. È interferenza, questa? La Chiesa non è una forza politica, per questo parla a tutti, esprime valori e pone domande. La Chiesa – se ne condividano o meno idee e posizioni – merita sempre di essere ascoltata. Spetta poi alla politica dare le sue autonome risposte. È bene ribadirlo, perché le ultime prese di posizione della Chiesa hanno suscitato rispettosa attenzione e non la solita accusa di indebita intromissione. Che stia cambiando qualcosa? Ha scritto Alberto Provantini, autorevole esponente della sinistra umbra: “Non solo si tratta di ascoltare ma di sollecitare la Chiesa ad ‘interferire’, a contribuire cioè a dare risposte alla crisi morale oltre che politica ed economica. La risposta sta alla capacità della politica”. Parole da sottoscrivere.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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