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Più voci, un solo coro

Al termine della relazione del Vescovo Brambilla sul tema “La comunione ecclesiale, snodo della missione” abbiamo avvicinato alcuni dei presenti per raccogliere le impressioni, le sollecitazioni che aveva suscitato, le indicazioni e i suggerimenti da riportare nella realtà.

Mauro Masciotti, responsabile della Caritas diocesana, ha accettato subito il nostro invito ed ha sottolineato che il cammino che la Caritas sta portando avanti è proprio quello di coniugare carità e comunione e che la carità è frutto della comunità, se c’è la comunione. Allora questa carità non si confonda con l’aiuto agli altri: spesso si tende a pensare alle persone come delegati per la carità, per la liturgia, per la catechesi, invece non sono altro che più aspetti di un unico essere che è la comunità. Questo sentirci delegati per gli altri lo abbiamo sentito molto forte, abbiamo sperimentato infatti in questi mesi nell’accoglienza ai profughi l’incapacità di vivere insieme, di vivere la carità e la comunione.

Chiara Giacomucci, membro dell’Azione Cattolica, mette a fuoco tre aspetti che sente importanti per la nostra realtà diocesana: innanzitutto la forte sottolineatura dell’importanza delle relazioni, relazioni che siano vissute con tutta la carica umana possibile, la capacità di parlarsi, di guardarsi in faccia superando barriere e diffidenza; secondariamente l’importanza della corresponsabilità: i laici si sentano non collaboratori a tempo perso di un progetto che non hanno mai fatto, ma siano persone capaci di pensare ad un progetto, di spendersi dentro un sogno comune che va costruito insieme, laici e sacerdoti; infine la capacità di ascolto da parte del clero che significa essere presenti nella vita quotidiana delle persone riscoprendo un modo diverso di essere prete.

Il signor Baldan, del Rinnovamento dello Spirito, afferma che è stato messo il dito nella piaga con molto tatto, con molta classe, con molta sapienza, perché non c’è tutta questa comunità; mentre nella preghiera possiamo essere insieme, nella vita di tutti i giorni non ci riconosciamo cristiani. Dobbiamo crescere tutti, abbattere il muro di falsità, forse è un’espressione forte, ma va creata più confidenza con tutti e soprattutto fra i cristiani. È sicuramente stata una chiamata, per ciascuno di noi, a migliorare nell’accoglienza, nella carità, nella confidenza reciproca.

Amina Maneggia, membro del Consiglio Pastorale Diocesano, di fronte alla richiesta di quale contributo avesse ricevuto per la vita, ha affermato: “Mi è piaciuto tantissimo, perché il Vescovo Brambilla ha centrato i problemi fondamentali della nostra vita diocesana e cristiana all’interno delle varie realtà in cui viviamo. Mi ha colpito l’affermazione che ciò che crea una comunione vera non è tanto colmare un bisogno ma liberare dal bisogno; questa liberazione della persona come chiave della comunione è fondamentale, perché nella nostra diocesi molte sono le persone poco libere, spinte solo dalla voglia di fare, di rivalersi, di colmare dei bisogni personali ma incapaci di essere gente libera che pensa di liberare gli altri.

Ortenzia Marconi, responsabile della Pastorale Familiare Diocesana, riconosce che il Vescovo Brambilla è un dono prezioso che il nostro Vescovo Gualtiero ci ha fatto, perché in questa relazione ci ha regalato una lectio divina del prologo della lettera di Giovanni favolosa, che andrà meditata in diocesi, nelle parrocchie, nell’ambito degli uffici pastorali diocesani per lungo tempo, perché ha messo in evidenza che la comunione parte dall’ascolto e noi non siamo una chiesa abituata ad ascoltarci. È un’impressione molto personale, però il primo passo è imparare ad ascoltarci reciprocamente, per poi passare al “noi per voi” e al “noi tutti insieme”. Non si deve confondere il necessario fare, che è testimonianza per rendere presente il Volto di Cristo, con l’affaccendarsi per dimostrare che ci siamo. Essere presenti, più che far vedere che ci siamo.

Giovanni Stefanecchia, membro dell’ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro, afferma che è necessario individuare quei punti forti che ostacolano la comunione, tutti quei mali che si vedono nelle nostre realtà, come le gelosie, le non collaborazioni, che sono motivo di giusta preoccupazione espressa molte volte anche dal nostro Vescovo. È sicuramente un fatto culturale fra i laici: l’assenza di una cultura di comunione, di collaborazione fra persone diverse, è entrata anche all’interno della Chiesa, basti vedere la ghettizzazione dei vari gruppi! E l’integrazione?’È necessario dialogare, mettere in comunione le varie esperienze, eliminando i piccoli mondi separati, per una unità più grande.

Non possiamo far altro che ringraziare per questi contributi senza avere la pretesa di pensare chiuso e definito il cammino di ricerca che illumina la mente, allarga il cuore alla passione e spinge la volontà ad un’azione comune. Coraggio! Tutti siamo chiamati a questo impegno.

© Gazzetta di Foligno – MAURO PESCETELLI e NICOLINA RICCI

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