La comunione ecclesiale, snodo della missione. Resoconto dell’assemblea.
La Diocesi di Foligno, venerdì 23 settembre, ha risposto alla chiamata del vescovo per trascorrere un pomeriggio di preghiera, riflessione e fraternità. Al centro della riflessione di quest’anno, la relazione tra comunione e missione, tema fondamentale per il nostro essere Chiesa, affrontato da mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare e vicario episcopale per la cultura dell’Arcidiocesi di Milano, docente di antropologia teologica e cristologia e preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. L’Auditorium San Domenico, gremito, ha così accolto l’intera comunità diocesana per iniziare con nuovo slancio il nuovo anno pastorale. L’assemblea si è aperta con la preghiera del Vespro, durante la quale mons. Gualtiero Sigismondi ha ricordato come una scarsa comunione all’interno della Chiesa indebolisca a sua volta la spinta verso l’evangelizzazione. Il vescovo ha proseguito individuando le “tarme” che corrodono l’unità della Chiesa, simboleggiata dalla tunica inconsutile di Cristo: “la riluttanza “a rimanere unanimi e concordi”; la diffidenza a riconoscere che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”; la resistenza a “rivestirsi di sentimenti di tenerezza e a perdonarsi gli uni gli altri”; la reticenza ad “ammonire chi è indisciplinato, a fare coraggio a chi è scoraggiato, a sostenere chi è debole e ad essere magnanimi con tutti””. Mons. Sigismondi ha concluso la sua omelia giocando sul tema dell’assemblea: “se la comunione è lo “snodo” della missione, la confusione delle lingue è il “nodo scorsoio” dell’evangelizzazione!”.
“La comunione e la missione sono due nomi di uno stesso incontro”: queste parole, pronunciate dal relatore mons. Brambilla, hanno delimitato da subito il campo dell’intervento. Il prelato ambrosiano ha scelto il prologo della prima lettera di Giovanni (1Gv 1,1-4) per introdurre la sua relazione, densa di contenuti ma esposta in maniera così brillante da suscitare in egual misura applausi e sorrisi. Giovanni non descrive la Chiesa come una “cosa”, ma piuttosto come un “evento che genera e alimenta la vita del discepolo”: gli apostoli hanno “visto, contemplato, ascoltato, toccato con mano il mistero di Dio che si rende presente nella carne di Gesù e che ci fa suoi discepoli” e in Gesù hanno fatto esperienza della “Parola che è la vita e che dà la vita”. L’annuncio “trasmesso e accolto” interrompe la distinzione tra il “noi” della comunità apostolica e il “voi” di chi ascolta, riunendo tutti in un’unica comunione – la stessa che lega il Padre e il Figlio nello Spirito Santo – fondata sull’annuncio dell’esperienza di Cristo. “Non si dà evangelo ¬se non dentro la trama di relazioni ecclesiali, luogo dell’accoglienza della Parola”, ha affermato mons. Brambilla: in questa comunione è la “gioia perfetta” dei discepoli.
Dopo gli interventi e le puntuali risposte di mons. Brambilla, i convenuti hanno condiviso fraternamente la cena presso la Parrocchia di Santa Maria Infraportas, per poi riprendere i lavori con una tavola rotonda sul tema “La comunione, principio fondante della vita sociale”, che ha calato nel concreto i concetti espressi in precedenza. Il primo relatore, prof. Giovanni Carlotti, coordinatore della commissione regionale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della Conferenza Episcopale Umbra, ha affrontato il tema della comunione tra le generazioni e la questione educativa, mentre il dott. Pierluigi Brustenghi, dirigente neurologo dell’ASL 3, si è soffermato sulla comunione e la vita comune come fonte di benessere.
Interrompo qui la cronaca dell’assemblea con un dilemma non da poco: è il momento di trarre conclusioni o di porre premesse? Preferisco la seconda soluzione: l’assemblea finisce con la presentazione del volume “Ecclesiam Suam Diligere” – dono della diocesi al vescovo, che raccoglie i testi del suo magistero – e con la preghiera di Compieta; la Chiesa, però, continua la sua missione con un nuovo anno pastorale. Saremo uniti abbastanza da spiegare le vele della nostra Chiesa al vento dello Spirito? Ci sentiremo in comunione d’amore con la Trinità a sufficienza perché la nave, a causa della nostra poca fede, non affondi? Se sì, solcheremo il mare, tempestoso – a volte – ma pieno di esaltanti sfide, del mondo in cui viviamo, fino a raggiungere con l’annuncio evangelico gli estremi confini della terra: quegli ambienti che consideriamo lontani, dove l’urgenza della nostra missione si alimenta ed è a sua volta alimentata dalla testimonianza di unità.
© Gazzetta di Foligno – FABIO MASSIMO MATTONI