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Da Perugia ad Assisi in marcia per la pace

Ne ha fatta di strada la marcia della pace da Perugia ad Assisi! Iniziata nel 1961 da Aldo Capitini, riorganizzata dai pacifisti umbri nel 1978, è stata riproposta tante volte fino a domenica scorsa. La sua storia registra un groviglio di analisi e di giudizi, di prospettive e di speranze che si è evoluto nel tempo, ma sempre radicato sulla ricerca della pace, la fratellanza dei popoli, l’amore per l’uomo e la giustizia. Da questa storia è stata segnata la cultura politica della regione e ne è rimasto coinvolto il sentire comune della gente. Il processo è stato di maturazione. Dopo un pacifismo ideologico a senso unico, per il quale la guerra era solo e sempre un sottoprodotto dell’imperialismo occidentale, finito il comunismo, si fece avanti l’idea di un pacifismo radicale, chiamato però a confrontarsi, dopo i fatti di Sarajevo, con la richiesta della “ingerenza umanitaria”. Il contrasto non era più tra guerra e pace, ma tra il genocidio e l’assassinio di massa e l’uso controllato della forza in difesa dei diritti umani e della convivenza dei popoli. E così il pacifismo umbro ha continuato a riflettere e a confrontarsi, pressato anche dall’11 settembre e dalla reazione americana, dall’irrisolta questione palestinese e dalle continue persecuzioni per motivi etnici e religiosi, fino alla “primavera araba” con gli esiti più inquietanti di Libia e Siria. La Tavola della Pace di Perugia non è rimasta con le mani in mano, perché si è prodigata molto con il suo presidente Fabio Lotti in un lavoro educativo con le scuole, le istituzioni, i giovani. Denunce e critiche sui mali dell’oggi sono state accompagnate da incontri ed esperienze multiculturali, aprendo la strada della mutua conoscenza e della riconciliazione. Questo ampliamento di orizzonti ha caratterizzato anche la Marcia di domenica, dove l’appello al cambiamento delle mentalità – “riscoprire il valore della solidarietà e della condivisione” – si è accompagnato alla richiesta di azioni politiche che traducano nel concreto i valori della pace e della fratellanza dei popoli. Non è mancato il riferimento alle situazioni preoccupanti e grigie del nostro paese, perché l’appello invitava a camminare insieme non solo contro le guerre e il terrorismo, la fame e le dittature, ma anche contro la corruzione, l’indifferenza, le mafie, l’illegalità, il consumismo. E le proposte? “Rimettere al centro le persone, i popoli e i loro diritti; sostituire l’io con il noi; tagliare le spese militari e investire sulla sicurezza; salvare la vita di chi sta morendo di fame e di sete; promuovere il diritto al lavoro, un’economia di giustizia, uno sviluppo equo e sostenibile; costruire una politica nuova fondata sui diritti umani, la difesa della democrazia e il dialogo tra le culture”. Il tutto mantenendo al centro l’impegno per la nonviolenza e il disarmo. Richiamo quanto mai urgente. È mai possibile, infatti, che a nessun politico sia venuto in mente nelle ultime settimane di tagliare sulle spese militari e gli armamenti per ottenere un po’ dei fondi necessari alla manovra, invece di farli pagare ai cittadini? Perché questo silenzio della politica e dei media?

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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