Don Decio Mattinati, settant’anni di vita pastorale
Domenica 18 settembre nella Cattedrale di San Feliciano, durante la Messa dedicata alle vocazioni e presieduta da padre Stefano Albanesi, giovane frate folignate ordinato il 25 giugno scorso, la Chiesa folignate ha ricordato un’importante ordinazione, quella di mons. Decio Mattinati, canonico della Cattedrale, al suo settantesimo anno di sacerdozio. Nato nel ‘17, divenne sacerdote il 13 luglio del 1941. “Celebrai la mia prima Messa il giorno seguente alla Madonna del Pianto”. Dopo un primo anno in seminario giunse alla parrocchia di Maria SS. Assunta di Scopoli dove rimase per più di quindici anni. Don Dante Cesarini ricorda: “A Scopoli usò i metodi pastorali classici e intramontabili: l’affiatamento coi giovani del paese, la disponibilità verso la popolazione, i corsi di missione popolare, l’abbellimento e il rifacimento della chiesa parrocchiale nel ‘57”.
“Scopoli era la mia prima esperienza di parrocchia. Ero istruito, ma non proprio preparato – spiega don Decio -. Fu una bellissima lezione di vita. Tanto apostolato. Eravamo quasi una famiglia dove nessuno mi ha mai chiuso la porta. È gente che ha risposto molto. Lì ho scoperto la bellezza della vocazione, si è maggiormente radicata”.
Ci racconta di lui don Marzio Melelli, al suo fianco per molti anni: “È stato il mio parroco a Scopoli quando avevo 8 anni. E come giovane prete, dal ’61 al ’65, sono stato con lui al seminario come vice rettore e poi insieme in Cattedrale. È stato un esempio, anche attraverso le sue sofferenze. Posso dirlo: un uomo crocifisso. Anche ora la domenica durante la preghiera dei vespri vado in Cattedrale e lo incontro. È sempre presente”.
Dal ’59 per dieci anni fu chiamato a sostituire mons. Giovanni Benedetti come rettore del seminario. Nel 1969 l’arrivo a San Feliciano dove si concentrò sul catechismo, sulla liturgia, ma più importante il suo grande amore per i malati, “l’eredità più bella che mi ha lasciato” – continua don Marzio. E ancora: “L’aspetto caritativo. A nessuno ha mai detto di no; a nessuno dice di no e nonostante non avesse mai avuto molti soldi ha sempre seguitato e seguita ad aiutare chi ha bisogno”. Nei difficili anni post-sessantottini, attraverso qualche esperienza dolorosa, don Decio si dedica ai poveri, ai malati e alle famiglie. “Spesso sceglievo queste forme: andare nelle famiglie, vedere gli ammalati e stare con i ragazzi. Ho tanto camminato per le vie, le viuzze di Foligno”. E tra una frase e l’altra don Decio borbotta anche qualche rimprovero personale: “Si poteva fare di più, ma lasciamo stare”. Durante la Celebrazione di domenica “il pensiero non era per me, ma per loro, per coloro che erano presenti e pregavano per le vocazioni. Queste hanno bisogno di preghiera prima di nascere, ma anche dopo che sono state consacrate. Quella di domenica non era la mia festa, ma una celebrazione per tutte le vocazioni. In ricordo, anche, del mio settantesimo di ordinazione”.
Alla fine della Messa don Decio ha ritrovato il “vecchio” gruppo dei giovani della Cattedrale, arrivati con le proprie famiglie. “Sono tornati numerosi, fedeli, costanti. Una delle gioie più belle che ho avuto qui sono stati i giovani, insomma”.
E ora? Ora continua a pregare con i fedeli, a celebrare le lodi del Signore e a tenersi in contatto con i parrocchiani, con una formula nuova, tutta sua: la “pastorale telefonica”.
© Gazzetta di Foligno – SONIA RICCI