L’etica nel modello umbro di ricostruzione
Interviene mons. Giuseppe Bertini, per oltre 10 anni responsabile del post-sisma per la Diocesi di Foligno
È doveroso per chi, come me, ha speso energie nell’opera della ricostruzione post-sisma, ribadire il valore del modello umbro, perché non si può dubitare dell’impegno e della fatica di tanti per le colpe di pochi.
È indubitabile la celerità con la quale si è operato per dare subito inizio all’opera della ricostruzione e anche la positività dell’impatto normativo, tecnico, economico e sociale per il nostro territorio.
Non voglio entrare nelle pieghe di un impianto normativo corposo ed articolato, ma valutarne gli effetti e da questi trarre elementi di sintesi e di giudizio.
Il numero degli interventi eseguiti è facilmente riscontrabile: i nostri centri storici hanno recuperato o stanno recuperando un volto perduto nel corso del tempo, rinnovati nella loro valenza ed essenza storico-culturale e nelle infrastrutture. I beni culturali, patrimonio di tutti, sono stati, per la maggior parte, restituiti ad una doverosa dignità e, a volte, strappati all’oblio dell’incuria.
Le norme e le direttive tecniche emanate sono servite da base per discussioni scientifiche, elaborazioni e approfondimenti successivi, gli strumenti di controllo della regolarità contributiva (D.U.R.C. – lotta al lavoro nero) hanno costituito un principio da “traslare” a livello nazionale…
Ho potuto cogliere la scelta politica che la “ricostruzione” fosse un’opera che poteva portar frutto solo pervadendo intensamente il territorio con il coinvolgimento sia dei soggetti istituzionali (Regione, Provincia, Soprintendenza, Comuni) sia anche, facendoli attori e responsabili, delle categorie professionali e dei soggetti privati A questi ultimi è stata messa in mano la possibilità di gestire un contributo scegliendo consulenti, professionisti e imprese di fiducia.
Il corpo normativo ha assegnato ruoli, compiti, azioni da svolgere e definito metodi di controllo a campione di “livello superiore” rispetto all’istruttoria comunque svolta dagli uffici tecnici comunali.
Quello che è successo a Giove ha poco a che vedere con questo “sistema”: sembra essere il risultato di condotte contrarie a normali principi di legalità, di deontologia professionale, frutto di un malcostume di cui abbiamo esempi in molte espressioni della società civile, che non riguardano la norma, ma la coscienza di chi è tenuto ad osservarla.
Per quella che è stata la mia esperienza, ho apprezzato in generale il costante e positivo rapporto di collaborazione con i soggetti istituzionali coinvolti nella ricostruzione e ho, al contrario, dovuto, a volte, puntare il dito sulla preparazione tecnico-amministrativa dei professionisti incaricati e sulla condotta di talune imprese.
Dovremmo interrogarci non tanto sulla qualità del modello, ma sull’”etica” nella ricostruzione, se cioè ciascun attore ha operato al meglio delle sue possibilità, con diligenza ed onestà, forte del dovere di riedificare la propria abitazione, la sua città, il tessuto sociale ed economico della nostra Regione.
GIUSEPPE BERTINI