La religione è “un affare privato”?
Di laicità non si parla direttamente né nella Costituzione italiana né nella Bibbia, ma la laicità dello Stato è fondamentale per tutti. Non è univoco il significato del termine e i modi di realizzazione variano con i contesti storici. La laicità inizia con la rottura dell’unità religiosa dell’Europa cristiana e soprattutto con l’illuminismo e la rivoluzione francese, quando si consuma per la prima volta la separazione tra l’ambito pubblico, dove domina la ragione, e quello privato, dove la religione è relegata insieme ad ogni altra credenza individuale. A mantenere separati i due ambiti ci pensa lo Stato. Lo Stato è laico in quanto è indifferente verso le diverse scelte religiose. Questo modello di laicità – dove i principi religiosi sono privatizzati – è tipicamente europeo e non è presente altrove. Diversa è la storia americana, dove le religioni sono entrate da subito nella sfera pubblica, costruendo quell’ethos collettivo espresso nella Costituzione degli USA. Se il modello di laicità, di cui discutiamo in Europa, non esiste in America, ciò è dovuto alle due diverse rivoluzioni: quella francese ha voluto il principio della separazione, cioè dell’indifferenza, tra Stato e religioni, estromettendo queste dalla costruzione dell’etica pubblica; la rivoluzione americana, al contrario, ha voluto l’imparzialità dello Stato verso le religioni, favorendole tutte nelle loro manifestazioni e attività. Oggi però, l’idea (francese) della laicità mostra qualche difficoltà. In un mondo sempre più globalizzato, quali risposte dare alle sfide della multiculturalità, soprattutto quando ci si confronta con esperienze religiose non toccate dai nostri processi di secolarizzazione? Gruppi religiosi con concezioni di vita molto diverse tra loro come possono vivere in una società politica sempre bisognosa di coesione? E, anche a prescindere dalle religioni, quali sono i valori comuni delle diverse matrici culturali presenti in uno stesso Paese che dovrebbero convergere nella cosiddetta “ragione pubblica”? Insomma, sorta dal contesto culturale dell’Europa cristiana, la laicità ha potuto funzionare fin tanto che il comune riferimento valoriale della vita pubblica era attinto da quella tradizione. Anche Croce non poteva non dirsi cristiano. Ma oggi la società europea, sempre più secolarizzata e alle prese con i nuovi fenomeni migratori e di globalizzazione, vede disgregarsi quel comune riferimento alla matrice culturale cristiana e lo Stato laico, che da questa è sorto, pare più debole di fronte alle nuove sfide. Tanto che, per continuare a chiamarsi laico, lo Stato deve continuare ad essere indifferente. Esempi? Deve permettere quello che è tecnicamente fattibile. Quello che il singolo rivendica – un desiderio, un bisogno – la legge dello Stato non deve proibirglielo. Se è laico, poi, anche la sua legislazione deve essere indifferente ai valori, non essendoci criteri comuni su ciò che è bene. Ma non è illusorio cercare di mantenere, a un tempo, un liberismo etico e un solidarismo sociale? Non c’è da stabilire il rapporto tra valori e diritto, tra etica ed economia? Sono problemi attuali e ci rifletteremo ancora.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI