Vittorio Bachelet: quando le toghe si tinsero di rosso
Avevamo segnalato la distrazione della città verso alcune date importanti, come quella del 9 maggio, simbolo degli anni di piombo. Vi ha rimediato l’Associazione Città Viva con un incontro su Vittorio Bachelet un testimone di speranza a servizio delle istituzioni: la politica come responsabilità.
Il prof. Matteo Truffelli ne ha ricostruito il profilo biografico: dalla carriera universitaria alla guida dell’Azione cattolica italiana, di cui fu presidente nazionale dal ’64 al ’73, dalla Vicepresidenza del Consiglio Superiore della Magistratura all’agguato mortale delle Brigate rosse che gli spararono all’uscita della facoltà di Scienze politiche di Roma il 12 febbraio 1980. Aveva 54 anni. Accettando la guida del CSM, sapeva di essere a rischio, ma non volle la scorta per non esporre la vita degli altri; e rifiutò di vivere blindato per testimoniare che si poteva vivere in condizioni normali, senza piegarsi ai ricatti della paura.
La sua vita è stata un servizio generoso e integro alla Chiesa del Concilio e alla città degli uomini; una vita senza chiasso, ma resa eloquente dal martirio. Resta una delle figure più limpide e illuminate del laicato cattolico, capace di impegnarsi sia nell’apostolato che nelle istituzioni dello Stato. Non fu un uomo di successo. Anzi, fu sempre chiamato nei momenti di difficoltà: così nell’Azione cattolica degli anni faticosi del rinnovamento, nella DC di Roma che lo volle in Consiglio comunale nel 1976 e nel CSM alle prese con il terrorismo rosso e nero. Fu un seminatore, seguace del paradosso cristiano che “se il chicco di grano non muore…”. E un primo frutto lo si vide nella sofferenza composta del figlio Giovanni che ebbe parole di perdono alla Messa funebre. Quella preghiera commosse e unì tutta l’Italia. Fu una lezione esemplare di spirito evangelico e di virtù civile, di speranza e perdono oltre il dolore, come titolarono i quotidiani nazionali. Bastarono quelle semplici parole – “preghiamo per coloro che hanno colpito il mio papà, perché, senza togliere nulla alla giustizia, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri” – a squalificare definitivamente il terrorismo e i suoi cattivi maestri e a far conoscere all’Italia quanto doveva essere feconda sul piano politico la responsabilità di un uomo dalla vivissima sensibilità religiosa. Bachelet, infatti, è stato protagonista di quella stagione culturale che ha fatto sintesi tra la scelta religiosa, la fedeltà alla Chiesa e il rispetto autentico della laicità. Laicità è l’impegno a prendere sul serio il mondo, valorizzando la competenza, rispettando la responsabilità personale delle scelte in campo civile, cercando sempre punti di incontro tra il messaggio cristiano e le concrete scelte della vita. Un cristianesimo capace di essere lievito di ogni valore umano, capace di offrirsi con amicizia a tutti gli uomini perché tutti sa amare, non è un cristianesimo facile, un cristianesimo che rifiuti l’obbedienza al Padre se necessario fino alla morte. Anche questo ci ricordano la vita e la morte di Vittorio Bachelet.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI