Foligno accoglie i profughi
Gli allarmi lanciati dalle locandine dei quotidiani locali si sono sgonfiati quasi subito. Foligno non respinge i profughi. Cacciarli o solo temerli sarebbe stato il colmo per una città che tanta solidarietà ha avuto per il terremoto. Per una città che ha visto sorgere la Casa dei popoli e la Tavola della pace e che celebra in questi giorni la Settimana conclusiva del progetto Cittadini del mondo, promosso dalla Diocesi con un migliaio di studenti.
La Caritas, abituata com’è a lavorare nelle emergenze, è in prima fila e ha già aperto le sue strutture di accoglienza per i rifugiati. Ha predisposto anche un piano di servizi invitando i volontari a rimboccarsi le maniche con generosità e competenza, perché occorre anche chi ascolti i drammi dei profughi, chi faccia vigilanza e assistenza per superare le non poche difficoltà. Ma prima ancora, la Caritas chiede di rimuovere chiusure e pregiudizi, sperando che maturi anche dal basso l’importanza della protezione umanitaria e della difesa dei diritti umani di quanti fuggono dalla guerra e dalle miserie di paesi a noi vicini.
Anche a Foligno, infatti, l’accoglienza è stata riservata ai profughi con permesso di soggiorno temporaneo e ai richiedenti asilo. Di sicuro nei prossimi giorni la stampa locale ci descriverà come andranno le cose. Ma non basta. Occorrerà anche una riflessione più attenta su quanto sta avvenendo nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, sulla guerra e sulla pace, su come intervenire a sostegno di queste inedite prospettive di libertà e di democrazia che non immaginavamo così contagiose e veloci in un’area dove abbiamo non pochi interessi e imbarazzi. Sulla pelle dei rifugiati che accogliamo in casa non possiamo fare sciacallaggio politico, ma non possiamo non condividere le domande che proprio in questi giorni da Assisi ci sta rivolgendo la Tavola della pace. Eccole: “E ora cosa dobbiamo fare in Libia? E nel resto del mondo arabo? A cosa serve l’Onu? E poi: dov’è finita l’Italia? E l’Europa? Perché stiamo perdendo tutte le opportunità? Perché abbiamo trasformato il problema dell’immigrazione in un’emergenza?” Altre le aggiungiamo noi. Stanno arrivando persone che fuggono da dittature e da guerre civili e persone che cercano disperatamente migliori condizioni di vita. Domanda: possiamo accoglierle tutte indistintamente? Se sì, non c’è il rischio di esodi di massa verso l’Italia? Non sarebbe meglio, invece, creare degli incentivi affinché queste persone restino, dare loro aiuti e motivi per sperare nel futuro dei propri paesi? Ci piaccia o no, quella che è chiamata oggi la Rivoluzione araba pare essere un processo inarrestabile dagli esiti molto aperti. Ma l’Europa non ce la fa ad essere lungimirante, coraggiosa, unita. Ogni paese spera di lucrare qualcosa dai cambiamenti in atto; tutti vanno in ordine sparso in politica estera e nel dramma dell’immigrazione. Occorrerebbe oggi il coraggio dei politici che gettarono le basi della Comunità europea e l’aprirono, dopo il comunismo, ai paesi dell’est. E chi, se non l’Europa, dovrebbe integrarsi con tutta l’area del Mediterraneo? Peccato che non sia ancora capace di parlare con una sola voce!
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI