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Il laico DOC e la sua certificazione

Durante la visita pastorale nella parrocchia della cattedrale sono emersi alcuni “nodi pastorali”, tra cui la percezione diffusa della difficoltà a “fare coro”, tra parrocchia e movimenti ecclesiali. Dal momento che questo nodo interessa evidentemente l’intera diocesi, mi preme sottolineare alcuni equivoci che lo rendono ancora più intricato. Il primo riguarda la qualità della distinzione tra ciò che chiamiamo parrocchia e un gruppo qualsiasi di laici (movimenti, associazioni, cammini, confraternite, ecc.).

Se tali realtà si separano solo da un punto di vista formale (cioè giusto per identificarle) non è un problema, se invece si volesse dire che esiste qualche cristiano nella parrocchia che è solo ospite, ma non parrocchiano, sarebbe poi difficile continuare a parlare. Infatti se la parrocchia è una realtà inclusiva e non esclusiva, necessariamente tutti coloro che vivono in essa la fede cattolica sono la parrocchia.

Il secondo problema riguarda la territorialità, che naturalmente potrebbe essere l’unico criterio di esclusività ad avere senso. D’altra parte dovrebbe essere evidente che se un’associazione, movimento, ecc. ha la sua sede in una parrocchia questo non comporta che tutti i suoi aderenti siano residenti in parrocchia, ma nondimeno sono accolti come parrocchiani, a meno che non si voglia fare una divisone tra parrocchiani di serie A (residenti e frequentanti) e parrocchiani di serie B (frequentanti e basta). Che questa distinzione sia semplicemente offensiva verso la natura stessa della Chiesa Cattolica, non ci dovrebbe essere bisogno di sottolinearlo, soprattutto in tempi di chiamata alla “nuova evangelizzazione”.
Il terzo problema riguarderà allora il criterio di appartenenza. Se appartenere dipende dal partecipare alla mensa della Parola e dell’Eucaristia in quella parrocchia, che senso ha chiedere a chi questo già lo fa, “prestazioni” aggiuntive, talvolta addirittura pretese, per poter essere considerato membro effettivo della parrocchia? Si ricreerebbe ancora una serie A (laici aiutanti del parroco) e una serie B (laici rivolti al proprio carisma, sui quali il parroco non può contare). In più ci saranno anche quelli, che per le loro condizioni di vita non possono appartenere a nessuna di queste due categorie: serie C!
Il quarto punto equivoco è proprio il modello di laico a cui si fa riferimento. Un laico caratterizzato spesso e volentieri (compreso il sottoscritto) da un attivismo inguaribile, per il quale si rischia di perdere di vista il cuore della propria vocazione battesimale, che non è certo preoccuparsi di molti servizi (Marta Marta…) ma vivere per-con-in-Cristo, anche e soprattutto nelle attività ordinarie (laiche appunto) della vita quotidiana, evangelizzando con la testimonianza del vivere straordinariamente l’ordinario.
Per questo, una volta che ci saremo chiariti su cosa si intende con i termini parrocchia, laico e impegno ecclesiale (o meglio vita cristiana), forse sarà più facile capirsi anche sulla missione dell’evangelizzazione che, da quanto si legge negli Atti degli Apostoli, non sembrerebbe legata a confini territoriali, più affini all’economia feudale che a quella della salvezza.

© Gazzetta di Foligno – FRANCESCO BOVI

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