Chi ha paura dell’educazione?
Il tema dell’educazione è al centro degli orientamenti pastorali dei vescovi italiani per il decennio in corso. La Chiesa, da sempre in prima fila nella formazione delle giovani generazioni, riconosce oggi una particolare difficoltà che Benedetto XVI, nella Lettera alla Diocesi e alla città di Roma del 2008 sul compito urgente dell’educazione, esprime così: siamo di fronte a «una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita».
Ma quali sono le aree nelle quali la Chiesa dovrà concentrare la propria azione? Provo ad accennarne alcune, senza un particolare ordine e senza alcuna pretesa di esaustività.
Il metodo, ovvero l’ambiente educativo
Se è vero che l’educazione non è questione di “tecniche”, è altrettanto vero che essa si serve di strumenti concreti che la pedagogia studia e verifica. Troppo spesso gli operatori pastorali non hanno una specifica formazione educativa e le esperienze che si sono dimostrate più solide, come lo scautismo, sono in questo momento emarginate nel dibattito ecclesiale oltre che, a volte, trascurate a livello pastorale (salvo poi saccheggiarne gli strumenti operativi per rivitalizzare le attività dei gruppi parrocchiali).
Libertà, autorità, testimonianza
Pur segnalando l’insensatezza del modello di pensiero che vorrebbe un atteggiamento neutrale dell’educatore, i vescovi riconoscono che “nell’educazione, la libertà è il presupposto indispensabile per la crescita della persona. Essa, infatti, non è un semplice punto di partenza, ma un processo continuo verso il fine ultimo dell’uomo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore”.
Se si vuole davvero fondare un’educazione sulla libertà della persona, unica autorità ammessa è quella della testimonianza e unico approccio possibile quello del camminare a fianco.
Educazione della persona ed educazione alla fede
L’incontro con Gesù risorto non può che avvenire nella maturità della libertà, per questo qualunque attività di iniziazione alla fede che si rivolga a giovani o bambini deve essere accompagnata da un processo educativo che, in senso logico, “precede” lo stesso annuncio. Non è possibile educazione alla fede senza educazione della persona.
Etica pubblica
“Vogliamo prendere coscienza, insieme a tutti gli educatori, di alcuni aspetti problematici della cultura contemporanea – come la tendenza a ridurre il bene all’utile, la verità a razionalità empirica, la bellezza a godimento effimero -”. Di fronte a questa affermazione dei vescovi non si possono non ricordare i lunghi ed imbarazzati silenzi dei credenti di fronte all’affermarsi di modelli culturali che, attraverso il mondo dello spettacolo e, più di recente, della politica (sempre che i due mondi possano oggi essere distinti) minacciano la più autentica identità della persona, uomo e donna. Troppo impegnati nei nostri oratori, abbiamo forse sottovalutato la terribile potenza diseducativa dei comportamenti pubblici.
Scuola pubblica
Impegnati a difendere il diritto alla libertà di istruzione ed educazione, i nostri pastori hanno a volte forse distolto il loro paterno sguardo dalla schiera di laici cattolici che esercitano la propria vocazione educativa nella scuola pubblica. Rivendicare strutture di qualità, risorse adeguate, riconoscimento sociale per la scuola di tutti può dare slancio a questo lievito che fermenta nella pasta della società.
L’educazione non è una facoltà elettiva, ma un compito che tutti gli adulti sono chiamati a svolgere. È una missione che può spaventare, perché la relazione con i più piccoli ci mette a nudo, ci interroga nel profondo, a volte ci dilania. Più di tutto, con l’avanzare dell’età, spaventa il muro di incomprensione che si alza tra le generazioni. Come scavalcarlo? Mi piace al riguardo ricordare il pensiero di p. Marcel Forestier: così come Gesù si è fatto uomo per farci come lui, gli adulti debbono farsi “piccoli” per condurre i piccoli nell’età adulta.
© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI