I missionari martiri
Perseguitati per la loro fede
L’uccisione del cattolico Shabbaz Bhatti ministro per le minoranze etniche e religiose del governo pakistano perpetrata il 2 marzo scorso ad Islamabad da fanatici estremisti islamici, di poco successiva a quella, avvenuta sempre in Pakistan, del musulmano S. Tasseer governatore del Punjab, ed alla strage in Alessandria d’Egitto dell’1/1/2011 che ha provocato la morte di 23 cristiani copti ed il ferimento di altri 90 in chiesa durante la celebrazione liturgica, rappresenta il più recente atto della cristianofobia, l’intolleranza religiosa contro i cristiani: sia Tasseer che Batti si prodigavano per la riforma della legge sulla blasfemia contro Maometto che, nata nel 1987 per difendere la religione in Pakistan, si è spesso trasformata in un arrogante ed abusato strumento di denuncia e persecuzione verso le minoranze, particolarmente i cristiani.
La detenzione della cristiana Asia Bibi condannata a morte in quella Nazione per presunta blasfemia esprime il simbolo e la più nota testimonianza di questo accanimento. Batti per rispetto alla sua morte definita da Benedetto XVI “commovente sacrificio”, a coronamento dell’impegno della sua vita, sarà proposto alla Santa Sede come “martire”: titolo che spetta a colui che viene ucciso espressamente “in odium fidei” a motivo del suo essere cristiano e che (“Avvenire” 6-3) consente in caso di processo di canonizzazione, di “saltare” il passaggio della beatificazione. Martiri: in varie parti del mondo, vittime talvolta note, spesso sconosciute, accrescono la “nube di militi ignoti della grande causa di Dio” secondo l’accorata espressione di Giovanni Paolo II. Tra essi, molti sono i missionari cattolici caduti a causa del loro apostolato, testimoni della speranza (37 nel 2009, 20 nel 2008). Chiamati per vocazione e per scelta all’evangelizzazione e alla promozione umana di fratelli che spesso nelle periferie del mondo vivono come “pecore senza pastore”. I missionari, per continuare “il servizio di Cristo al mondo” (Benedetto XVI) affermano e insegnano i valori della fede; in questo contesto la dignità della persona e la giustizia per tutti vanno difese sempre. Il missionario talvolta è obbligato, con fermezza e mai fomentando la violenza, a denunciare situazioni in cui il sopruso dei forti si esercita sui deboli ed il privilegio di pochi prevale sul diritto di molti, pertanto diventa sgradito a chi detiene un potere arrogante ed ingiusto. Ma alcune delle uccisioni recenti di missionari sono frutto di una criminalità in linea con i modelli occidentali di violenza urbana: si paga con la vita il tentativo di sottrarre i ragazzi al lucroso spaccio di droga, le ragazze allo sfruttamento della prostituzione.
© Gazzetta di Foligno – GIUSEPPE LIO