L’Umbria, i politici e i santi
Renan definì l’Umbria “Galilea d’Italia”. Di “Umbria santa” e di “misticismo della terra umbra” hanno parlato i visitatori e gli studiosi della nostra terra. Cattedrali e abbazie, eremi e centri fondamentali della cristianità hanno segnato nel profondo la storia e la geografia della regione. Ma ecco che cosa scrive sul Corriere dell’Umbria il responsabile cultura del Pd regionale: “I grandi eventi internazionali umbri e perugini della Marcia della pace e Umbria Jazz pur essendo nate solo nel secolo scorso rappresentano al meglio i tratti identitari della nostra regione, valori universali di pace e inclusione (di razze e di armonie musicali) che hanno proiettato l’Umbria nel mondo in maniera assoluta e duratura e che sono nate da momenti spontanei e creativi che solo poi sono diventati il fenomenale motore attrattivo di turisti che oggi sono”. Come dire: marce e canti, ma senza santi.
Eppure, l’identità dell’Umbria non può prescindere dall’essere stata terra natale di grandi santi come Benedetto e Francesco, Chiara e Rita. La cultura e l’arte, il costume e le tradizioni della regione sono stati plasmati da queste esperienze cristiane, diventate poi patrimonio comune di credenti e non credenti. Questo è il patrimonio che ha reso famosa l’Umbria nel mondo – dagli anni di Dante fino a Giovanni Paolo II – e la rende ancora oggi attraente per i tanti turisti che la visitano. “Tenere conto e valorizzare questo patrimonio, trasferendolo nelle dovute forme nei principi ispiratori dello Statuto Regionale, nel rispetto del pluralismo, non costituisce forzatura alcuna, anzi disvela l’intima struttura e le fibre costitutive della società umbra”: è quanto si leggeva nel Contributo per lo Statuto Regionale dell’Umbria offerto nel 2002 da un gruppo di lavoro voluto dai Vescovi e presieduto da Mons. Vincenzo Paglia. La proposta non venne recepita e con ogni probabilità non verrà neppure accolto il nuovo invito fatto ora dal Vescovo Paglia al Consiglio regionale di introdurre un riferimento a Benedetto e Francesco. Non ci stracceremo per questo le vesti, sia perché il futuro della fede e della Chiesa in Umbria non sarà certo garantito o frenato dalle norme regionali, sia perché non è con l’aggiunta dei nomi dei santi che i politici umbri avranno consensi o risolveranno i gravi problemi del momento. Ci inquieta piuttosto la frattura che è in Umbria – e che anche questa disputa rivela – tra il paese legale e il paese reale.
Ci preoccupa anche quella sorta di “ignoranza invincibile” per la storia religiosa-sociale dell’Umbria, propria di quanti, per miopia culturale, non riescono a vedere più in là di un secolo o poco più. La nostra è una preoccupazione educativa: se la maggior parte dei giovani, vedi l’articolo di cui sopra, sta crescendo in una sorta di presente permanente, in cui manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo e dello spazio in cui essi vivono, non dovrebbe essere preoccupazione anche della politica evitare la distruzione del passato, ovvero dei meccanismi che connettono l’esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti? Noi crediamo di sì.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI