Lo Zuccherificio di Foligno
Con l’intervento dell’arch. Trecci la Gazzetta apre un dibattito per contribuire a migliorare lo sviluppo della città
“La costruzione e l’inizio dell’attività dello Zuccherificio Italo-Belga tra il 1899 e il 1900 rappresenta, nella vicenda economica di Foligno, un punto di svolta, il cristallizzarsi di processi e aspirazioni maturati nel corso dell’ultimo decennio del XIX secolo, l’inizio, per alcuni aspetti, d’una nuova fase della storia industriale della città.” Così Renato Covino iniziava la presentazione del terzo volume della collana dedicata all’archeologia industriale, voluta dalla Regione dell’Umbria per una politica di conoscenza, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico e culturale del territorio.
Il volume, dedicato allo “Zuccherificio di Foligno”, di fatto costituisce l’unica testimonianza, vera, non solo delle ragioni storiche, economiche e culturali che hanno determinato la nascita dell’impianto, ma anche e soprattutto della qualità architettonica, non finalizzata solo all’impianto stesso, ma in ragione di tecniche e tecnologie costruttive d’avanguardia. Tanto è vero che con il termine di “archeologia industriale” non si voleva identificare, negli anni “80, solo il “contenuto”, testimone di processi economici a supporto di vocazioni già presenti nei territori, ma anche il “contenitore” di tali processi, frutto spesso d’inventive ingegneristiche determinate non solo dalla destinazione d’uso dell’opera , ma da una qualità derivata da una inimitabile sensibilità verso i materiali da costruzione e il loro uso, all’epoca, agli albori della sperimentazione. Sebbene i volumi realizzati, e la loro distribuzione nel sedime, fossero determinati da fattori ambientali, quali la presenza del fiume, e da preesistenze infrastrutturali, quali la ferrovia, con un circondario, nei primi del novecento, privo dell’attuale densità edilizia, lo Zuccherificio ben si contrapponeva al solo centro antico, murato, della città.
Gli edifici, seppure dalle consistenti dimensioni, si rapportavano alla città con forme e materiali tali da non creare soluzioni di continuità con l’evoluzione della vita cittadina. Le bucature, le altane, l’uso dei mattoni a faccia vista e di intonaci tradizionali conferivano al complesso, pur industriale, un tono gradevole di integrazione nel paesaggio. Tale sensibilità, o meglio, l’assenza dell’edificio prefabbricato, oggi largamente utilizzato, non solo a fini industriali, ma anche commerciali, artigianali e perfino residenziali, determinava deboli contrasti tra il vivere – dentro le mura – e il lavorare. Inutile soffermarsi a disquisire sulla qualità architettonica degli attuali edifici, prefabbricati, disseminati nelle nostre periferie, quale simbolo di uno sviluppo economico a basso costo, ma a grande impatto ambientale, che diventano contenitori di uno sviluppo sempre più a bassa economia, perché anonimi, non caratterizzati, edificati né con i colori delle nostre terre, né con le misure dei nostri edifici derivati dalle nostre tradizioni, ma solo nella speranza di un momentaneo lucro, senza tener conto che un edificio sopravvive a molti dei nostri posteri.
Proseguendo nell’interessante lettura della relazione di Covino, rileviamo che gli anni della nascita dello Zuccherificio sono caratterizzati da grandi trasformazioni, anche territoriali, tutte derivate da un solo grande evento: la ferrovia. Quando, nel 1847, si recarono a Roma Bernabò, Orfini, Candiotti e Trasciatti per patrocinare gli interessi di Foligno, il principe Gaetani, che faceva parte della commissione governativa, rispose a quei signori: “Ma che cercate? Non è Foligno che deve cercare la ferrovia, ma è questa che deve cercare Foligno. Noi abbiamo fatto molti progetti di linee ferroviarie per il lungo e per il largo della penisola, e tutte si sono incontrate a Foligno”. È questo evento che suggerì ai neo imprenditori di installare a Foligno, oltre lo Zuccherificio, la fabbrica della Società dei forni Hoffmann, della Società Industriale di Foligno, della Carburo di calcio; altre, una fabbrica di concimi chimici fallì per mancanza di forza motrice e quella della Perugina, nel 1909, non si trasferì a Foligno per l’indisponibilità dell’ex Monastero di Santa Caterina. Di fatto l’amministrazione folignate ben poco poteva offrire e pertanto non era in grado di attirare stabilimenti di grandi dimensioni. Lo Zuccherificio, con i suoi 40 o più operai fissi e più di cento stagionali, risultava il più importante stabilimento della città e gli anni venti del novecento vedono, intorno ad esso, nascere uno sviluppo edilizio incontrollato insieme al “ponte della Vittoria”, che permetterà la realizzazione della chiusura di un anello viario di circonvallazione intorno al centro murato della città.
Al di là delle disgrazie economiche legate alla produzione degli zuccheri, l’assetto della città, così determinato, è giunto fino ad oggi, senza alcuna soluzione di continuità voluta o desiderata. Né il Piano Regolatore Generale del 1973, dell’architetto Marello di Firenze, ha potuto o voluto mettere i presupposti per il recupero, a seguito della deindustrializzazione, dell’area dello Zuccherificio vincolandola nello stesso Piano ancora come “zona industriale”. È il drammatico epilogo di una vicenda ormai definibile secolare. La Società Cavarzere di Padova, proprietaria, non ultima, dell’area dello Zuccherificio, nel 1981, in accordo con l’amministrazione comunale, mettendo in vendita terreni e fabbricati, commissiona all’architetto Franco Antonelli di Foligno un progetto di riuso del complesso. Antonelli individua il vero problema progettuale, riscontrabile nel rapporto, esclusivamente di tipo urbanistico, del Centro Storico con l’area dello Zuccherificio, a ridosso della stessa e da essa separata dal fiume Topino. Il progetto, senza seguito, è uno dei più affascinanti e intelligenti dell’architetto Antonelli, che trova le giuste soluzioni e i giusti rapporti con la città antica. Sulla sua scia nascono, numerose, nel corso degli anni “80, con esperienze anche degli anni precedenti, tesi di laurea delle Facoltà di Architettura delle Università di Roma e di Firenze.
Interessi economici, e non solo, determinano il degrado dell’area dello Zuccherificio che ha caratterizzato Foligno negli ultimi quarant’anni. La storia più recente narra di un pool d’imprese che, sollecitate forse, anche, dall’amministrazione comunale, acquista, per poi subito rivendere a COOP Umbria, l’area e i fabbricati dello Zuccherificio folignate. Gli interessi di tali imprenditori sono solleticati dai contenuti del Nuovo Piano Regolatore Generale del 1997, che prevede, anche a fronte di demolizioni di alcuni edifici, ma non di quelli costituenti le vecchie distillerie, da lasciare a memoria del glorioso passato, grandi volumetrie e varie destinazioni d’uso. L’ambito di ristrutturazione urbana “il campus”, così definito dal PRG ‘97, permetterà quindi la redazione di un progetto che, oltre a definire all’interno dell’area le nuove costruzioni e quelle da recuperare, interesserà la viabilità urbana ed extra-urbana, la delocalizzazione del supermercato TIGRE, la zona a verde rimasta incompiuta del quartiere di Prato Smeraldo, il sottopasso della ferrovia e il lungo tratto del fiume Topino antistante lo Zuccherificio.
Senza soffermarsi sulle tipologie edilizie delle nuove costruzioni di ben sei piani fuori terra (a ridosso del centro storico), sulla necessaria convivenza tra supermercati concorrenti nella stessa area, sulla necessità, tutta ancora da verificare, visto il sottoutilizzo di strutture esistenti, di realizzare un nuovo teatro senza sapere i costi a carico della comunità, sarebbe interessante tentare di capire le relazioni tra centro storico e nuovi insediamenti. Di difficile interpretazione quanto, se pur modesto, è stato partecipato alla città di tale progetto. Di sicuro sappiamo che questo si interseca con un altro progetto: quello esposto dalla “Bonifica” in merito alla messa in sicurezza dei ponti della città.
Il Ponte della Vittoria, per cause, crediamo esondative del fiume, dovrà subire una rotazione leggermente verso destra. Questo impercettibile, nuovo, orientamento del ponte contribuirà, però, alla realizzazione di una nuova viabilità che, demolita e negata, a favore del parco fluviale, quella di via IV Novembre nel tratto dal detto ponte a porta Firenze, ingloberà totalmente l’area dello Zuccherificio, destinandola e integrandola al centro storico, con questo collegata solo con un debole (urbanisticamente) ponticello pedonale in legno. La città murata si sarà così arricchita di un ampliamento che l’inconsapevole passante vorrà credere sia stato sempre facente parte della più nobile, medievale, città storica.
L’indifferenza della città nei confronti del destino dello Zuccherificio e delle più recenti demolizioni, ne siamo certi, è solo apparente e tutti si aspettano, prima o poi, che persone di buona volontà vogliano contribuire a partecipare questo intervento non solo ai pochi addetti ai lavori, nella speranza, che sempre tarda a venir meno, che, ravveduti e con uno sforzo economico modesto, i proprietari, che nel frattempo hanno spostato i loro interessi verso il dismesso sansificio, diano vita a un concorso di idee, di livello almeno nazionale, che possa veramente contribuire, fuori da logiche solo economiche, a uno sviluppo sereno della città di Foligno.
© Gazzetta di Foligno – CLAUDIO TRECCI