La fuga dall’educazione e la crisi degli educatori
Dove sono gli adulti? La domanda – meglio sarebbe dire la provocazione o l’allarme – viene da don Franco Valeriani nell’intervista al nostro settimanale del mese scorso. Il problema che pone don Franco riguarda la difficoltà degli adulti ad educare, ad essere credibili, a testimoniare esperienze di vita e di impegno significative per i giovani e, prima ancora, a “perdere tempo con loro”. Il problema tocca la famiglia e la scuola, le istituzioni religiose e quelle civili. La sensazione è che stia trionfando una sorta di laisser faire: educare stanca e oggi il compito è più impegnativo che mai; da qui il rischio che gli adulti rinuncino a dare ai ragazzi ragioni e regole perché possano affrontare la vita con libertà e responsabilità. Intendiamoci, non è che in passato si educasse molto di più; è che oggi trasformazioni e pressioni, pluralità di soggetti e di ambienti producono forte discontinuità, per esempio, tra la proposta educativa della famiglia e quella del contesto sociale, tra la scuola e la capacità più persuasiva di altri strumenti con cui i ragazzi comunicano e si formano. La lotta a volte è impari e la parti più deboli – nel nostro caso la famiglia e la scuola – possono essere tentate dalla fuga. Ma se è così, l’emergenza educativa riguarda soprattutto noi adulti, la nostra capacità di mantenerci in formazione permanente. Non possiamo più pretendere di educare o di insegnare ripetendo soltanto ciò che abbiamo ricevuto nel passato, o fidando nel contesto sociale. Le situazioni sono cambiate: regole e principi, in passato condivisi, oggi lo sono di meno e i valori di riferimento non sono più così uniformi e diffusi. Genitori e insegnanti non possono sperare più di tanto nella regolazione esterna di comportamenti condivisi. E allora? Cominciamo col prendere atto dell’ambivalenza del momento: c’è il rischio di un’involuzione culturale, perché i giovani potrebbero essere la prima generazione più povera rispetto ai propri genitori, in quanto più sprovvisti di valori e di strumenti necessari per affrontare da protagonisti la propria vita e per interpretare il mondo in modo costruttivo. Poniamo in essere un’alleanza educativa, che rimetta in gioco quanti si occupano di educazione e li faccia confrontare con le fragilità e i limiti, ma anche con le risorse e la creatività di cui sono portatori. Mettiamo all’ordine del giorno – per una volta! – gli educatori e non gli educandi; confrontiamoci con le esperienze di figure educative autorevoli e non solo con l’osservatorio delle emergenze. Alleanza educativa significa che educare è impegno di tutti e che soprattutto famiglia e scuola non possono essere lasciate sole. Sia la comunità ecclesiale che quella cittadina possono fare di più e, ove possibile, anche insieme. La strada a Foligno è già aperta – ad esempio, gli oratori parrocchiali, o le conferenze di formazione che la diocesi offre alle scuole in collaborazione con il Comune -, ma una nuova attenzione agli educatori sarebbe davvero una scelta controcorrente. Vale la pena metterla nell’agenda del nuovo anno.
© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI