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Emergenza lavoro: giovani e donne non lo cercano più

Intervista alla dott.ssa Piepraola Pietrantozzi, Segretario Generale dell’UST CISL Foligno.

Pierpaola Pietrantozzi

Che cosa caratterizza il mercato del lavoro nel nostro territorio in questo particolare momento storico?
Il mercato del lavoro in questo momento è in notevole sofferenza, una difficoltà che nel nostro territorio ricalca esattamente quella che c’è a livello regionale. La disoccupazione è attorno al 7%.

Un valore inferiore al dato nazionale…
Certamente, il dato nazionale è 8,7%. Ma occorre sempre ricordare che questo dato, così come calcolato dall’ISTAT, non tiene conto di chi non si propone sul mondo del lavoro (ad esempio chi non è iscritto alle liste di collocamento). Stime attendibili indicano la disoccupazione reale nel nostro territorio attorno al 10%.

A livello nazionale sono di recente emersi dati drammatici sulla disoccupazione giovanile…
Anche da noi i giovani e le donne sono quelli che scontano di più il problema.
Il territorio non offre grandi opportunità per i nostri ragazzi (lo dico anche da mamma di una laureanda). Dovremmo adottare strategie per offrire opportunità concrete ai nostri giovani più brillanti.

Quali sono le situazioni più critiche nel nostro comprensorio?
Quella della Merloni è certamente la situazione critica per eccellenza. Anche perché è una crisi di rilevanza nazionale. In questo momento la situazione specifica dell’azienda è molto delicata, perché dalle manifestazioni di interesse ricevute potrebbe concretizzarsi una proposta di salvataggio… oppure no. Naturalmente per passare dalle manifestazioni di interesse agli impegni concreti, c’è da attraversare un insidioso guado costituito dai piani industriali che i vari soggetti presenteranno. Certamente non sarà possibile riassorbire tutta la forza lavoro, noi comunque abbiamo sempre creduto nella possibilità di una continuazione dell’attività.

Ma esistono oggi le condizioni in Italia, ed in modo particolare in Umbria, per un progetto industriale di questo tipo?
Noi crediamo di sì. Puntando sull’alta gamma e sull’internazionalizzazione (produrre anche per altri paesi). La nostra industria si è spesso dimostrata impreparata ad affrontare le sfide della globalizzazione, ha sofferto di forme di chiusura determinate anche dalle dimensioni ridotte…

Ma la Merloni non soffriva di nanismo…
La Merloni ha sofferto per la mancanza di una adeguata strategia di marketing, ha commesso errori progettuali. La mia riflessione era più generale. Credo che l’internazionalizzazione a cui dobbiamo puntare è quella che individua mercati di sbocco e produce occupazione qui.

Ma il limite a questo tipo di internazionalizzazione è nell’incapacità degli imprenditori o nelle condizioni nelle quali le imprese italiane si trovano ad operare (sistema giudiziario, burocrazia, imposizione fiscale)?
Potremmo anche aggiungere l’accesso al credito… Io credo che la causa di un problema non sia mai unica. È vero che la macchina istituzionale è probabilmente inadeguata ed è anche vero che la politica ha spesso privilegiato determinati settori, quando non ha addirittura fatto i propri interessi. Questo sia a livello locale che nazionale. Anche la distribuzione dei fondi pubblici (ed in modo particolare quelli europei) non ha prodotto sviluppo nei settori strategici.

L’insediamento della Merloni in Umbria è frutto di stanziamenti pubblici. E adesso altri fondi affluiranno per il suo salvataggio. Alla fine sarà competitiva?
Io mi auguro di sì. Lo sarà se i fondi saranno vincolati ad un piano industriale vincente.

In questo momento di crisi economica, i rapporti di forza tra lavoratori e categorie datoriali (imprese) si ridefiniscono a favore di queste ultime, basti pensare al caso FIAT. In questo quadro il sindacato come ridefinisce il proprio modo di operare?
Noi della CISL non abbiamo alcun bisogno di ridefinire il nostro approccio, da sempre la contrattazione territoriale decentrata e la partecipazione dei lavoratori sono elementi guida della nostra attività. La CISL non si deve reinventare, ma continuare a lavorare con i principi sempre attuali che l’hanno caratterizzata sin dalla sua fondazione. Certamente oggi emerge la necessità di una maggiore flessibilità. L’Italia in generale ed il nostro territorio in particolare, hanno bisogno di attrarre investimenti, e questo può avvenire anche attraverso la politica sindacale, pur nel rispetto dei diritti e delle tutele acquisite. Questo è il senso del caso FIAT del quale tanto si discute.

Ma concentrandosi sul solo fattore lavoro, non si rischia di perdere di vista altri elementi ben più rilevanti? Il piano strategico del nostro comune spinge sui fattori chiave per generare sviluppo?
Come CGL CISL e UIL abbiamo sollecitato tutte le parti sociali e le istituzioni ad avviare un dibattito per l’attuazione del piano e abbiamo fatto proposte concrete: superare le diffidenze e le diatribe tra i diversi comuni per ottimizzare i costi dei servizi e liberare risorse per lo sviluppo; puntare alla realizzazione di zone industriali comuni…

Ma servono altre zone industriali?
Non lo so… Certamente la frammentazione delle zone industriali (Bevagna, Sant’Eraclio, Paciana, Spoleto ecc.) è un elemento di debolezza. Poi bisogna lavorare sui collegamenti, accelerare il raddoppio del tratto ferroviario Orte-Ancona. È anche necessario avviare una seria lotta all’evasione fiscale, attraverso forme di controllo “di prossimità” (pensiamo al fenomeno degli affitti non registrati). Da ultimo bisogna rendere la macchina pubblica più snella.

Licenziare?
No! Magari lavorare meno con incarichi affidati agli amici degli amici, ridurre la complessità di certe strutture verticistiche…

Il settore pubblico non sembra essere al centro del dibattito sindacale a livello locale. Eppure non è esente da problemi, pensiamo anche ai recenti scandali di sanitopoli…
I lavoratori pubblici sono comunque lavoratori, inseriti in una macchina per sua natura improduttiva. Il lavoro pubblico va ricondotto ad elementi di produttività, ne vanno misurate le prestazioni.

Il metodo Brunetta?
No, aberrante! Ma debbono essere inseriti elementi di valutazione della produttività, anche per potervi agganciare la contrattazione decentrata. I fondi disponibili non debbono essere ripartiti a pioggia, ma debbono premiare chi effettivamente produce.

Un’ultima domanda. Quale tratto contraddistingue la CISL in conseguenza della sua ispirazione cristiana?
La solidarietà.

© Gazzetta di Foligno – VILLELMO BARTOLINI

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