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In-quieto silenzio

“Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa, mentre la notte giungeva a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente, o Signore, è sceso dal cielo, dal trono regale”. La liturgia affida a questa antifona, desunta dal libro della Sapienza (18, 14-15), il compito di annunciare e di commentare il canto del Gloria in excelsis Deo. È un’antifona che custodisce tanto l’attesa quanto la gioia della nascita del Salvatore; è un’antifona che fa sentire il trasognato stupore del primo presepe, ridestando la meraviglia di quella “tacita notte”.
“Il Verbo di Dio nel grembo dell’eternità era fasciato dal silenzio. Entrando nel mondo della storia – scrive don Tonino Bello -, non poteva avere altre bende. E Maria gliele ha offerte”. Ella, “scrigno silente della Parola”, si è fatta interprete dell’arcano tacere del cielo, custodendo nel segreto del suo Cuore immacolato le meraviglie operate dal Signore (cf. Lc 2, 19. 51). “Ella sapeva trovare il nodo profondo che unisce eventi, atti e cose, apparentemente disgiunti, nel grande disegno divino. Ella – osserva Benedetto XVI – parla e pensa con la parola di Dio; la parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla parola di Dio”.
Se l’incredulità ha reso muto Zaccaria, la fede ha fatto di Maria la Virgo silentissima. Grande è la differenza che passa tra l’essere muti e il tacere, ma ancora più profonda e sottile è la diversità che esiste tra il tacere e il fare silenzio. È cosa buona tacere, ma è cosa molto buona fare silenzio: tace chi frena la lingua, fa silenzio chi apre l’orecchio del cuore; tace chi sorveglia la “porta” delle labbra, fa silenzio chi dilata lo sguardo del cuore. Interessante, al riguardo, è quello che dice un proverbio arabo: “Ogni parola, prima di essere pronunciata, dovrebbe passare per tre porte. Sull’arco della prima porta dovrebbe esserci scritto: è vera? Sulla seconda dovrebbe campeggiare la domanda: è necessaria? Sulla terza dovrebbe essere scolpita la richiesta: è gentile?”. Passare consecutivamente tutte e tre le porte, rimanendo “incensurati”, è cosa difficile!
Il linguaggio è nesso dialettico di silenzio e di parola, che esce dal silenzio e brama di ritornarvi. Il silenzio è, in un certo senso, il respiro dell’anima, l’ossigeno dello spirito, il letto fluviale su cui scorrono i pensieri. Non occorre andare nel deserto o sulla cima di una montagna per cercare il silenzio e nemmeno è necessario giungere nelle grandi città per trovare il chiasso: abitano entrambi dentro di noi. Il confronto con il silenzio media l’incontro con se stessi, e tuttavia spesso si risolve in uno scontro, che porta alla luce il vuoto del proprio mondo interiore, l’incapacità di ascoltare persino se stessi!
“Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa…”. Il Natale del Signore ci aiuti a sentire la salutare inquietudine del silenzio, che è la “colonna sonora” della preghiera, che è essenzialmente un atto di ascolto. “Oh! Silenzio di Nazareth – ebbe a esclamare Paolo VI, nel discorso tenuto a Nazareth il 5 gennaio 1964 -, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri!”.

+ Gualtiero Sigismondi

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