Foligno pioniera nell’arte sacra contemporanea
Intervista a Massimo Duranti
Massimo Duranti, per trent’anni dirigente dei servizi culturali e della comunicazione della Regione Umbria, è esperto, ma soprattutto appassionato di arte. Ha fondato l’Associazione Archivi Gerardo Dottori, di cui è presidente, è curatore di mostre e autore di numerosi articoli, cataloghi e studi dedicati soprattutto all’arte contemporanea. Ha messo la sua esperienza a servizio della Chiesa locale come membro della Commissione diocesana d’arte sacra di Perugia. Collabora anche come esperto con la Fondazione della Diocesi di Foligno.
L’esperienza cristiana è, per sua natura, strettamente legata alla bellezza. Che rapporto c’è oggi tra arte e Chiesa?
Fino al Barocco la Chiesa era il maggiore committente e si accaparrava gli artisti migliori. Poi c’è stata una progressiva decadenza. La committenza ecclesiastica è finita e gli artisti hanno cominciato a dipingere i soggetti sacri come qualsiasi altro. Nel corso dell’Ottocento e primi Novecento l’arte sacra cessa di essere creativa. Si riduce a stanca riproposizione di schemi vecchi. Sono stati i Futuristi a dare una sferzata. Dagli anni venti i seguaci di Marinetti che avevano una certa sensibilità hanno pensato di applicare al sacro i principi della loro arte. Poi Marinetti, che era un grande istrione, nonostante il suo feroce anticlericalismo, ha scritto il Manifesto dell’Arte Sacra Futurista (1931) elogiando l’umbro Gerardo Dottori. Alla fine della sua vita ha pure scritto l’”Aeropoema di Gesù”. Era anticlericale ma non antireligioso.
E il rapporto tra Chiesa e arte?
La Chiesa del Novecento ha avuto spesso un atteggiamento sospettoso e ambiguo verso l’arte contemporanea. Le cose sono cambiate con gli ultimi papi. Oggi a capo del dicastero vaticano c’è una persona di altissimo livello come il neo-cardinale Gianfranco Ravasi. Speriamo di vederlo presto anche a confronto con l’arte contemporanea. Per ora l’attenzione c’è stata ma è rimasta teorica, ha prevalso la paura. Un segno interessante è il nuovo lezionario: le illustrazioni sono opere di artisti viventi. Ma il vero banco di prova sono le nuove chiese e quello con cui vengono adornate.
Dal Giubileo in poi sono stati costruiti molti edifici sacri. Gli esiti lasciano molte perplessità
Può fare qualche esempio?
Se guardiamo a Foligno il giudizio è invece positivo. C’è una vera e propria eccellenza: la chiesa di San Paolo progettata da Massimiliano Fuksas. Ne hanno parlato molte riviste specializzate di architettura. È un’opera di grande livello. L’interno è stupendo, gli arredi così e così, l’esterno fa discutere. Ma ogni opera d’arte ha generato discussioni, fa parte del gioco. A Spello, invece, interessante l’esperienza della Via Crucis d’Autore curata da Marchionni: invita gli artisti a cimentarsi sui temi della Via Crucis ed espone le loro opere nelle vie del centro storico cittadino.
E qualche esempio negativo?
Anche a Perugia si è costruito molto, ma niente di eccezionale. In media le architetture sono vicine alla sufficienza, se invece consideriamo gli arredi la situazione è drammatica.
L’arredo e le decorazioni sacre recenti sono, spesso, un disastro, si salvano quelle del compianto Don Nello Palloni.
Come mai?
In ogni diocesi c’è una commissione per l’arte sacra che dovrebbe esaminare ed approvare tutti i progetti relativi agli edifici ecclesiastici e ai loro arredi. Dovrebbe essere una garanzia di qualità. In realtà queste commissioni non contano niente, i parroci fanno quello che vogliono e pochi hanno le competenze per far bene.
In alcuni casi si rivolgono ad “artisti della domenica”, magari perché sonno dei parrocchiani, e, in perfetta buona fede, espongono in Chiesa opere a dir poco improbabili.
Certo l’arte sacra è un campo difficile e gli artisti che la praticano sono pochi. I nostri preti, poi, non hanno una adeguata cultura estetica ed artistica. Basti pensare che nei seminari non è previsto l’insegnamento della storia dell’arte.
A chi ci si è rivolti per la decorazione delle chiese di nuova costruzione?
In assenza o per mancanza di conoscenza di personalità di rilievo c’è la tendenza a ripiegare sul passato. Oggi vanno tanto di moda in tutta Europa personaggi che riempono le chiese di immagini neo-bizantine. Sono opere anacronistiche. Attorno a tanti movimenti sono nati degli specialisti di arte sacra molto “sospetti”. Sono quasi delle star che imperversano con il loro seguito a riproporre nel terzo millennio iconografie di epoca bizantina.
Gli artisti di oggi che rapporto hanno con la chiesa e con il fenomeno religioso?
Già Dottori diceva che per dipingere temi sacri non occorre essere credenti(ma non guastava). Certo dagli anni 70, anzi dall’informale del dopoguerra, sono stati pochi gli artisti che hanno avuto sensibilità per il sacro. Ultimamente invece c’è una ripresa di interesse. L’avvicinamento avviene attraverso la spiritualità. Approfondendo i temi della spiritualità molti artisti arrivano al sacro.
In Italia il più importante centro di coltivazione dell’arte sacra contemporanea è “Staurós” a San Gabriele. Sono arrivati alla 14° biennale, ed hanno invitato i maggiori artisti europei a cimentarsi con il sacro e hanno un museo permanente: gli esiti sono notevoli.
Un’esperienza analoga è quella nostrana di Scopoli.
Sì, ed in particolare ci siamo ispirati proprio a “Staurós”, quando abbiamo pensato al master in arte sacra per giovani artisti. Siamo alla seconda edizione ed i risultati sono lusinghieri.
Dunque Foligno, in arte sacra, Foligno è promossa, Perugia “rimandata” e Terni?
Terni è molto importante per quanto riguarda la nuova committenza (da molti auspicata) di opere sacre. Monsignor Paglia ha fatto delle scelte di sicuro valore. Nella nuova chiesa di Santa Maria della Pace ha commissionato a Stefano Di Stasio, anacronista surreale, ma di qualità, un ciclo sui protomartiri francescani. Le porte della cattedrale sono state realizzate da Bruno Ceccobelli. C’è anche un museo diocesano di arte sacra contemporanea. Promossa a pieni voti.
Arte vuol dire anche turismo. Su questi temi lei interviene spesso dalle colonne dei quotidiani regionali. Come vede la situazione?
Il turismo è un prodotto e come tale va promosso. Senza promozione non ci sono ritorni economici, ma la promozione costa e manca il coraggio di investire. I numeri dei musei statali umbri sono drammatici. Alcuni hanno medie di pochi visitatori al mese. Il rischio è che si investano risorse sulla creazione di nuovi musei che poi nessuno andrà a vedere. Bisogna lavorare di marketing e promuovere un cultura del bello. La fruizione dell’arte è un’attività piacevole, migliora la qualità della vita, ma le strutture devono essere accoglienti. In Italia molti passano i pomeriggi nei centri commerciali, a nessuno verrebbe in mente di spendere una giornata alla Galleria Nazionale dell’Umbria. All’estero è diverso, ma nei musei ci sono bar, ristoranti, sale video, servizi di baby-sitting. Noi abbiamo un patrimonio cultuale enorme ma non riusciamo a valorizzarlo.
Promozione ed educazione sono le parole chiave.
© Gazzetta di Foligno – MAURO PESCETELLI