Faloci Fascista? Sì, per realizzare un sogno
Pubblichiamo qui per intero l’intervento dell’Ing. Menestò, apparso in forma ridotta nel n.42 della Gazzetta di Foligno.
Nell’occuparmi del restauro strutturale di Palazzo Trinci, ho avuto occasione di leggere alcuni scritti di Mons. Faloci Pulignani relativi al palazzo e conservati presso l’Archivio di Stato. Desidero rendere omaggio al Faloci per lo straordinario impegno dedicato al recupero del palazzo, come evidenzia anche D. Dante nell’articolo di domenica scorsa. Vorrei ricordare solo le battute finali di una dura “battaglia” decennale ingaggiata con le “Istituzioni”, riportando alcuni scritti dell’assessore “fascista” da cui traspaiono l’azione intelligente e la sollecitazione continua e sfibrante per ottenere dagli organi preposti, ora i progetti di restauro, ora i finanziamenti per i lavori. Questo dopo essere riuscito a liberare il palazzo (trovando altre sistemazioni all’esterno) di tutti gli uffici che soffocavano e snaturavano con usi impropri l’edificio monumentale. Fino a suggerire le più consone utilizzazioni dell’intero Palazzo Trinci.
Il 16 aprile del 1924, il Faloci chiese al Soprintendente ai Monumenti e Scavi dell’Umbria il progetto dello scalone di onore nel cortile esterno, (la cui costruzione terminò come è noto nel 1927). Con altre lettere nei giorni successivi (27 maggio, 10 giugno, 3 luglio, 23 agosto) il Faloci tornò a chiedere al Soprintendente l’entità del contributo comunale alla costruzione dello scalone e continuò a sollecitare la redazione della perizia per “la riduzione artistica del palazzo”. Fece presente che erano state già prese “importanti decisioni nel definire le destinazioni di alcune parti di Palazzo Trinci” di cui, fa capire, se ne deve tener conto nel redigendo progetto. Egli scrisse: “Esistono presentemente: 1) La perizia per il trasferimento delle Carceri a S. Giacomo; 2) La perizia per trasferire nei vani terreni, davanti all’ingresso da piazza V.E.(ndr Vittorio Emanuele), il Museo Comunale; (ndr museo archeologico al piano terra dell’ala Nord-Ovest); 3) La perizia per trasferire nei vani terreni, a sinistra, la Biblioteca Civica e il Magazzino dei Sali in altro luogo; 4) La perizia per la ricostruzione dello Scalone. Come venne già in precedenza comunicato, il Municipio concorrerà con la somma di lire centomila, purché il Governo provveda a tutto il resto. Ma a ciò non sarà possibile che il Governo s’impegni, ove non conosca la cifra che importerà complessivamente l’intero restauro. Sembrando inutile qualunque pratica che non abbia tale cifra, mi permetto rinnovare preghiera vivissima perché si compiaccia di disporre che venga sollecitamente eseguito il completo progetto artistico del ripristino del Palazzo, affinché sia possibile stabilire la spesa totale occorrente”. Chiese ancora al Soprintendente di “far notare al R. Ministero che il Palazzo Trinci infine appartiene allo Stato e non al Municipio, e che allo Stato deve far carico il restauro ed il mantenimento di esso. Il Municipio già avrebbe adempiuto al suo dovere chiedendone, in nome della storia e dell’arte, il doveroso ripristino e la doverosa conservazione. Ma ha fatto di più. Dal 1915 al 1920 ha speso per impedire il crescente deperimento la somma di L.13.069,38, sostenendo una spesa che avrebbe dovuto far carico allo Stato. Se oggi, con la segnalata deliberazione 30 giugno 1923, il Municipio è disposto ad erogare a beneficio di questo storico palazzo la cospicua somma di lire centomila, dando esempio raro di interessamento artistico e precorrendo agli organi dello Stato nella conservazione di un monumento di sì alta importanza, vegga V.S. quanto interessi a cotesto Ufficio segnalare al superiore Ministero non solo la necessità di procedere all’invocato restauro, ma anche la generosità di un Municipio che contribuisce con tale cifra a restaurare un monumento non suo. Il quale, V.S. non ometta di notarlo, è in qualche parte fatiscente, in tutte le sue parti indecorosamente tenuto, coinvolgendo nel biasimo che manifestano all’uopo contro lo Stato tutti i visitatori anche il nostro Municipio, che pure ha fatto e fa dal suo canto tutto quello che può. Ella cortesemente ci partecipò che ha proposto al Ministero un primo stanziamento di L.200.000 e l’impegno formale di restaurare tutto l’edificio. Ma certo a tale impegno nessun Ministro addiverrà mai se prima non si conosca il fabbisogno occorrente per tale restauro. Io prego rispettosamente V.S. ad insistere con R. Ministero perché si addivenga subito alla compilazione della perizia relativa, completa, indicando il più breve periodo di tempo nel quale il restauro stesso dovrà essere compiuto. Dato tale impegno questa Amministrazione che, a norma della citata deliberazione 30 giugno 1923, promise concorrere alla spesa con le ultime centomila occorrenti al restauro, potrà esaminare la possibilità di erogare tale somma in tutto o in parte anche durante l’esecuzione dei lavori. Debbo aggiungere che questa cittadinanza è ormai stanca di sentire parlare ogni giorno del restauro del Palazzo Trinci, mentre il pubblico lo vede ogni giorno sempre più maltenuto, esposto ai danni del tempo e delle intemperie. Non escludo quindi la possibilità che, ove il Ministero volesse continuare in tale prolungata inerzia, il Municipio potrebbe essere costretto ad erogare le centomila lire promesse in opere meno artistiche, ma non meno urgenti e necessarie”.
Dopo la nomina ministeriale di “Conservatore Onorario” di Palazzo Trinci, nel 1929, anche nella sua veste di assessore alla Pubblica Istruzione, il Faloci scrisse al Podestà una lettera (il 6 febbraio) in cui delineò la futura e possibile utilizzazione dei locali di Palazzo Trinci: “..fermo rimanendo la destinazione dei vani terreni per la Biblioteca, dei vani della Guardia di Finanza per l’Archivio notarile, come proposi (il Museo Archeologico è sistemato) ecco, secondo il mio pensiero, quale potrebbe essere la destinazione razionale di tutti gli altri locali. Il grande salone di ingresso, quando sarà ben ridotto, la sala della Storia di Roma, la Cappella, la sala delle Scienze e dei Pianeti, il corridoio che si appoggia al Duomo, finalmente la Sala dei Giganti, non abbisognano che del mobilio secondo lo stile del tempo, poiché essi costituiscono una vera e splendida pinacoteca, che per la sua varietà e per la sua ricchezza è forse unica in tutta l’Italia. La piccola sala che si trova tra quella dei Pianeti e quella dei Giganti dovrebbe destinarsi e decorarsi molto nobilmente alla memoria dell’Alunno, che è il massimo dei nostri Pittori, procurando di condurre a termine un progetto, che a Lei è noto, e che ove potesse realizzarsi arricchirebbe la sala con una tavola del nostro celebre artista. Comunque, le molte fotografie poste sotto cornice che rappresentano tutte le tavole del pittore, e che io collocai nell’odierna Pinacoteca Comunale, saranno ottimo ricordo, e faranno conoscere il molto valore e l’operosità del Pittore stesso. Questa sala dovrebbe chiamarsi la sala dell’Alunno. La sala dei Giganti, artisticamente restaurata, dovrebbe essere messa in comunicazione diretta con la grande sala successiva, la quale dava adito all’Ufficio dell’Agenzia delle Imposte ed a quella del Registro. In essa dovrebbero collocarsi tutti gli affreschi e le tele dei Pittori Folignati anteriori al XV secolo. La sala seguente dovrebbe chiamarsi la sala del Mesastris, dovrebbe raccogliere tutte le pitture di questo Maestro, il che sarebbe una bellissima cosa. Continuando, le sale che seguono dovrebbero essere adibite agli scopi qui sotto elencati:
1°) Pittori Folignati ed Umbri dei secoli XV e XVI
2°) Pitture dei secoli seguenti
3°) Sala dei costumi
4°) Gabinetto Numismatico, al quale unirei volentieri la mia preziosa collezione di sole monete e medaglie di Foligno.
5°) Sala degli Incunabili e dei Codici
6°) Sala dei Cimelii. Io vi unirei quelli che possiedo
7°) Sala Piermarini
8°) Promoteca, cioè ritratti dei cittadini illustri, tra i quali potrebbe trovar luogo qualche ritratto di mia proprietà.
9°) Sala del Risorgimento politico.
La grande sala dove erano gli Uffici dell’Agenzia delle Imposte potrebbe destinarsi per sala di conferenze, di letture, di riunioni, potendosi accedere ad essa senza passare per le sale già descritte.
Come Ella vede, il nostro Palazzo Trinci, così distribuito, (a meno che ulteriori scoperte, che dovrebbero essere fatte con molta vigilanza, non suggerissero ordinamento diverso) sarebbe ben degno, e per la sua varietà e per la sua ricchezza, di essere visitato da tutti, ed io ove potessi ricordarmi di vederlo così disposto sarei ben lieto di sistemare in esso anche le mie non dispregevoli collezioni. Resta che V.S. faccia buon viso alla mia proposta, alla esecuzione della quale darei tutta la mia collaborazione.”
L’amore per la città, per la sua Foligno è testimoniato dall’accorato appello che rivolge al Podestà (lettera del 8 giugno 1932) in cui afferma che “poiché si può prevedere sicuro il finanziamento di L. 400.000 per la desiderata riduzione del Palazzo Trinci, mi permetta di proporre il modo per cominciare tale riduzione. IL GIORNO DOPO, cioè, appena assicurato tale finanziamento. Oggi = Lei ne converrà = occorrono mesi e mesi perché tale finanziamento sia assicurato. Consenso della G.P.A.; deliberazione del Municipio; deliberazione della Cassa di Risparmio: la G.P. vorrà conoscere il preventivo della spesa: vorrà chiedere il parere del Genio Civile: vorrà conoscere l’approvazione della R. Sovraintendenza dei Monumenti, la quale reclamerà per sé il il diritto (che credo non abbia) di fare essa il progetto per restaurare un Palazzo di Foligno la cui spesa è sostenuta dai Folignati, i quali infine non sono tutti perfettamente ILOTI, incapaci di restaurare, di fare un progetto di riduzione, per i loro bisogni etc. = Me lo dice Lei quanto tempo occorrerà per espletare tutta questa burocrazia? Tenga d’occhio, se crede, la nota data 9 luglio 1856.
Io propongo un’altra cosa, si faccia in modo, che, quando il denaro sarà pronto sia anche preparato e pronto per il GIORNO DOPO, il progetto COMPLETO, debitamente approvato da tutte le Autorità competenti , Regia Prefettura; Regia Sovraintendenza, Genio Civile, il che può farsi così. Mi ascolti, La prego: mi segua.
1°) Il Municipio nomini una commissione tecnica-artistico, perché possa preparare un progetto completo di restauro, purché non oltrepassi la somma di L.400.000. Questa Commissione poi Lei può nominarla domani, incaricandone l’Ufficio Tecnico, che dovrebbe associarsi altri elementi per la parte artistica. Non può prendere Lei domani tale deliberazione? Chi glielo vieta? Sarebbe tanto tempo guadagnato.
2°) Preparato tale progetto tecnico e finanziario, esso potrebbe mandarsi subito, per l’approvazione, al Genio Civile. Qui, Lei lo comprende, si farà presto.
3°) Tale progetto, presentato dal Comune e approvato dal Genio Civile, si potrebbe mandare subito, per l’approvazione o revisione, o modificazione, alla Regia Sovraintendenza per i Monumenti. Essa non può dolersi della nostra iniziativa. Si tratta di CASA NOSTRA, e noi abbiamo tutto il diritto che un restauro, fatto con i nostri denari, corrisponda ai nostri bisogni, ai nostri desideri. La Regia Sovraintendenza approvi o no, modifichi o no, suggerisca, vigili, è nel suo diritto. Ma non oltre. Qui Lei può insistere perché la faccenda voglia esplicarsi nel termine più breve.
4°) Fatto tutto questo, il progetto preparato dall’Ufficio Tecnico Comunale, approvato dal Genio Civile, approvato dalla Regia Sovraintendenza per i Monumenti, Lei lo mandi alla Giunta Provinciale Amministrativa, chiedendo la facoltà di eseguirlo, solo però allorché il finanziamento sia certo e sicuro. In ipotesi che tale approvazione della G.P.A. venisse oggi 8 giugno 1932, il giorno 9 si potrebbe cominciare il lavoro: e allora la data …..9 luglio 1856 potrebbe essere utile a qualche cosa.
Come sarebbe bello cominciare il lavoro nel 1932! e chiuderlo nel 1933!, quando avremo un altro ciclo di altre feste, sulle quali La tratterrò con agio! Coraggio! Cominci subito. Lei non impegna nulla, non compromette nulla, non spende nulla. Forse prende ipoteca sulla data accennata 9 luglio 1856.
Nel 1933 dobbiamo preparare qualche cosa che non tenga Foligno al paro di Castel Ritaldi, di Gualdo Cattaneo, di Vallo di Nera…. Non vede Lei quanto raduno di nomi illustri, di conferenzieri insigni, di iniziative solenni, si succedono ogni settimana a Perugia e a Spoleto, nel campo dell’arte, della politica, della poesia, della storia? Noi forse illudiamo i vicini e i lontani, mostrando ad essi il classico ingresso del Campo Littorio, il quale, quando lo vedo solenne e severo come è, mi fa ricordare il motto poetico (che temo si riverberi sulla intera Città): “OH QUANTA SPECIES SED CEREBRUM NON HABET!”
Tanti anni fa l’illustre storico e scrittore genialissimo di Città di Castello, Giovanni Magherini Graziani, fece nella nostra sala comunale un bellissimo discorso, preagurando il giorno in cui nella nostra bella piazza Vittorio Emanuele fossero completi i tre massimi edifici della Città: il Duomo, che ne raccogliesse le sacre memorie: il Palazzo Comunale che ne raccogliesse i ricordi civili e patriottici: il Palazzo Trinci, che ne raccogliesse i monumenti letterari ed artistici.
La sua previsione oggi è incompleta. Manca il Palazzo Trinci; e spetta a Lei il diritto, l’onore, il dovere, il peso di condurre a termine una cosa così geniale. Lo so: il 9 luglio 1856 non può dare che ben tenue concorso alla riuscita: ma crede Lei, che senza questo concorso, il lavoro possa procedere con maggiore rapidità?
Ritengo di non essere indiscreto, se aspetto una gradita risposta prima che termini la settimana corrente ”.
Questo suo martellamento dall’interno delle Istituzioni sortì dei copiosi frutti: nel frattempo, il 18 marzo del 1930, era stato presentato il “Progetto di restauro dell’ala verso la piazza al fine di installarvi la Biblioteca Comunale”, redatto dall’architetto Arnolfo Bizzarri della Regia Soprintendenza per la Conservazione dei Monumenti dell’Umbria. Il progetto interessava il recupero di alcuni locali interni del primo piano, ma anche il restauro dell’intera facciata verso la corte interna, manomessa dalla scala del Neri e dal ballatoio esterno di accesso al teatro Ferroni. Dopo il finanziamento di 400.000 lire, nel 1932 l’arch. Bizzarri compilò il progetto di recupero dell’intero palazzo. I lavori proseguirono con il restauro delle altre ali monumentali fino all’inaugurazione solenne del 4 novembre 1936, alla presenza delle autorità civili e religiose, della Pinacoteca e della Biblioteca comunale.
Per quello che conta la mia modesta opinione, anch’io ho pensato più volte, come scrive D. Dante, che il Faloci “aderì ad una amministrazione cittadina che lo avrebbe assecondato nei suoi disegni di valorizzazione dei monumenti e delle istituzioni culturali della città”. Infatti, i suoi appelli agli amministratori comunali iniziarono già dai primi anni del secolo XX, ma con scarsi risultati. Nel 1916, il Faloci propose di riportare il Palazzo a come era nella seconda metà del quattrocento: “volendosi ripristinare nella forma antica questo Palazzo si dovranno rimuovere le incrostazioni sopraposte verso la metà del ‘500. E difatti, per dare un esempio, in un muro innalzato nella metà del secolo XVI sotto il grandioso soffitto di Sisto IV veggonsi ricchissimi fregi su fondo finto mosaico con putti e stemmi delle principali famiglie italiane. Veggonsi trabeazioni e prospetti pittorici della fine del ‘500 e stemmi ed iscrizioni del ‘600. Tutto ciò, ove coprisse monumenti più antichi e più pregevoli, dovrà essere rimosso, imperocché non essendo possibile ripristinare il palazzo come era nel 1439, quando ne furono cacciati i Trinci, converrà prendere come punto di restauro il 1480 circa, quando il palazzo per la lunga dimora di Sisto IV potea chiamarsi un palazzo papale. E allora tornerà ad essere uno splendore, come lo era una volta, e dopo il Duomo che ricorda i tre gloriosi periodi del Bramante, del Bernini e del Piermarini, non vi sarà in città un altro edificio che lo somigli” (dal Corriere del 24 ottobre 1916).
Nella sua Guida di Foligno (1907) Egli già preconizzava ardentemente il recupero architettonico e funzionale di Palazzo Trinci per “raccogliere i monumenti letterari ed artistici” della città. “Ed il palazzo Trinci deve essere la meta, la palestra, l’obiettivo di questa tarda ma non inutile redenzione. E’ ora che quei gloriosi locali sieno liberati dalle superfetazioni che lo deformano, dalla invasione irrazionale di uffici pubblici, tutt’altro che confacenti alla dignità di quei ricordi. Tornino a splendere al sole i dipinti radiosi del Nelli, le invenzioni multiformi del Frezzi, le opere egregie dei Trinci. Si ponga mano con lucidità di scopo finale ad un progetto grandioso, vasto, completo. Un po’ per volta, alcune camere per anno, e la gloriosa sede dei nostri vecchi dinasti tornerà riabilitata. Chi sa quante scoperte felici, chi sa quanti bei nomi, chi sa quanti ricordi letterarii stanno nascosti sotto il bianco di calce, aspettando di rivedere la luce! Lassù è la vera sede delle nostre antichità romane; quello è il vero luogo per un museo di pitture, museo esso stesso; là dentro è il vero ambiente per una pubblica biblioteca. Sia bene augurato quel giorno, in cui, con forze unite, i cittadini tutti potranno depositare in quelle aule i cimelii del nostro passato, dalle tavole dell’Alunno alla prima edizione dell’Alighieri, dai diplomi degli Svevi e dei Papi alle monete degli Orfini. La piazza attuale tornerà ad essere quello che fu il vero Foro cittadino. Da un lato il Duomo, con tutti i monumenti della vita religiosa; da un altro il palazzo del Comune, con tutti i monumenti della vita civile: in mezzo ad essi il palazzo Trinci, con tutti i documenti della vita artistica e letteraria.”
Capì che questo suo splendido sogno si sarebbe concretizzato solo stando all’interno “della stanza dei bottoni”.
P.S. La biblioteca privata del Faloci era costituita da 25.000 volumi; quella civica constava di circa 8.000 volumi, di cui n.113 manoscritti e 128 incunabuli.
© Gazzetta di Foligno – FABRIZIO MENESTO’