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Sagrada Familia e Chiesa di S. Paolo

“Si capisce che se la Sagrada Familia è la Sagrada Familia e il cubo di Foligno il cubo di Foligno, idolo di cemento che ha sconsacrato il santo paesaggio umbro, lo si deve anche al diverso tipo di finanziamento: il capolavoro di Gaudì è stato pagato soldo su soldo dalla comunità locale, coinvolta sin dall’inizio, il mostro di Fuksas è stato finanziato dalla Cei, un remoto ed incontrollabile centro di potere, che non ci ha pensato due volte a schiacciare la Fede e la sensibilità dei cristiani del posto”.
Penso a questo passaggio letto sul Foglio del 30 ottobre, in un pezzo di Camillo Langone come solito provocatorio e “politicamente scorrettissimo”, mentre guardo in TV la dedicazione della stupenda Basilica Catalana. Così vado con la memoria al viaggio in Spagna di circa dieci anni fa in cui tre amici studenti di architettura mi trascinarono, digiuno della materia come ero, a visitare la Madrid delle “Torres Puerta de Europa”, la Bilbao del Guggenheim di Frank Gehry, della passerella di Santiago Calatrava, o della metropolitana di Norman Foster, ma soprattutto la Barcellona di Gaudì. Rimasi senza parole visitando Casa Milà o il Parc Güell, ma più di tutto mi impressionò quella Basilica in costruzione, pensata da un uomo che probabilmente sapeva di non vederne il termine, ma che aveva lo spirito dei grandi costruttori di cattedrali, opere corali realizzate oltre il tempo di una vita terrena, perché rivolte al cielo e al Popolo di Dio. Da ignorante in architettura, quale ero e quale resto, rimasi colpito dalla contrapposizione tra la pietra solida della Basilica di Barcellona, che sembra destinata all’eternità, e il vetro ed acciaio del Guggenheim Basco […]. Ora, tornando alla nostra piccola ma bellissima Umbria, non so dire se la “fede e la sensibilità” dei cristiani Folignati si sia sentita schiacciata dal cubo di Fuksas, o se lo stesso abbia “sconsacrato il santo paesaggio umbro”, però, osservando il nuovo skyline di Foligno, mi trovo a pensare come la cupola trasparente del centro direzionale per la Protezione Civile possa tranquillamente essere scambiata per una chiesa mentre il bianco e marziale cemento di via del Roccolo somigli ad una caserma dei Vigili del Fuoco… In realtà, quando per la prima volta sono entrato nella nuova Chiesa, forse complici le poche aspettative che avevo, l’ho trovata migliore di quanto pensassi, seppur molto concettuale ed evidentemente pensata da qualcuno che con la liturgia non ha grande dimestichezza. Però all’esterno, il parallelepipedo con croce stilizzata, mi ha ricordato il monolite di Kubrick in “2001: Odissea nella spazio“ e non i tanti campanili, belli o brutti, opere d’arte o di onesti architetti di provincia, da sempre simboli dell’identità di un paese, di una città o di un quartiere. Ovviamente tra l’omelia di pietra di Gaudì e il silenzio assordante e un po’ inquietante del cemento di Fuksas passano anni luce, non solo di architettura ma soprattutto di parole di senso ed identità perdute dei cristiani europei. Forse è eccessivo definire la Cei un “remoto ed incontrollabile centro di potere”, ma viene comunque il sospetto che se le chiese fossero finanziate dall’obolo della vedova e non dall’otto per mille, difficilmente la loro progettazione verrebbe affidata al narcisismo delle Archistar.
Luigi Tacchi

Tanto si è detto e scritto sull’edificio sacro progettato dall’arch Fuksas e molto altro ancora si dirà. Indubbiamente la Chiesa deve porre molta attenzione all’uso dell’8×1000, che deve essere sempre utilizzato con la massima accortezza, perché vanno scongiurate strumentalizzazioni ed eventuali incomprensioni da parte dei fedeli che lo devolvono alla Chiesa cattolica.    ep

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