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Mons. Vittorio Peri interviene sul volume “Spendersi è il loro gadagno”.

L’iniziativa della Gazzetta di Foligno di pubblicare un libro con le interviste dei preti della diocesi presenta aspetti che merita rilevare. Essa appare anzitutto inedita perché, salvo dimenticanze, non si ha notizia di analoghe “imprese” né in Umbria né in altre diocesi italiane. E già questo è un pregio singolare. L’iniziativa è inoltre insolita e originale. Dei preti, infatti, (ma il termine che meglio esprime il loro essere “gli anziani” della comunità è quello di “presbiteri”) si parla di solito al plurale più che al singolare – “i preti fanno”, “i preti dicono”… -, come di un’astratta categoria di funzionari che svolgono determinati ruoli. Ma dietro ai ruoli non ci sono maschere ma persone, ciascuna con uno specifico volto, con un irripetibile percorso culturale, spirituale, professionale. Ritengo che stia qui la caratteristica più rilevante del libro: le “confessioni”, fors’anche faticose per la prospettiva di diventare pubbliche, di personali esperienze e dei molteplici risvolti sia positivi sia problematici del ministero. Appartengono infatti anche a loro “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” che la costituzione conciliare Gaudium et spes attribuisce a tutti gli uomini d’oggi, e nulla è loro estraneo di ciò che è genuinamente umano: la soddisfazione per un successo come lo sconforto per una sconfitta.
Le confidenze fatte ai diversi giornalisti da oltre la metà dei 40 presbiteri di Foligno, (nove dei quali di altra nazionalità, ma non stranieri, dato che nella Chiesa questa categoria non può esistere) riguardano aspetti decisivi della vita del sacerdote. Di seguito, accenniamo ad alcuni tra quelli maggiormente sollecitati dagli intervistatori. Tra parentesi, le iniziali dei nomi degli intervistati.
La parrocchia
: “è’ sentita come una famiglia (D. A); “ha un ruolo speciale nel sostenere l’azione pastorale dei sacerdoti” (S. A.); “è il tema che mi sta più a cuore” (P.A.); “è per me il luogo dove vivere insieme” (D. C.); “è una famiglia ove si prega in modo comunitario” (L. M.); “è tuttora un luogo di riferimento anche per chi non la frequenta assiduamente. La sua debolezza sta nell’essere spesso considerata solo un centro servizi” (G. N).
La spiritualità:
“è necessaria la formazione biblica e liturgica. Se manca, si finisce per ridurre tutto a una questione sociale” (G.B.); “se non stai bene con te stesso e con il Signore, avrai difficoltà anche con gli altri” (I. B); “il futuro delle guide della Chiesa non sta in un aumento di autorità, ma nello spirito di servizio che nasce dalla vita interiore” (D. C).
I laici:
“si sta aprendo nella Chiesa l’epoca dei laici” (D. A.); “la loro collaborazione è un segno importante della Chiesa che cambia” (S. D.); “tra prete e laici ci deve essere complementarità” (P. A.); “i laici non devono fare i sacerdoti, e questi non devono fare i laici” (V. G.); “sono essi, prima di tutto, la Chiesa in dialogo con il mondo” (C. M.); “dopo il Vaticano II il laicato ha ritrovato il suo posto teologico” (M. S.); “Di solito, Dio non fa da solo quello che può fare con la collaborazione dell’uomo. Così il prete: non può fare da solo quello che può compiere con la partecipazione della sua gente” (A.T.).
Il celibato:
“L’ostacolo, per il celibe, è nel cuore, non nella sua condizione” (I. B.); “il celibato è una cosa buona, ma questo non esclude che in futuro la Chiesa possa arrivare a un’impostazione diversa, com’era alle origini” (V.G.); “ se uno deve fare un dono, deve farlo completo” (F. O.); “in futuro, chissà, potremmo arrivare ad avere preti non celibi, ma siamo sicuri che si possano vivere nel contempo due vocazioni in modo completo?” (A. R.).
I diaconi:
“vanno valorizzati molto più di quanto si fa oggi” (P. A.); “quello che dovrebbe più preoccupare è la loro qualità” (D. C.); “la Chiesa dovrebbe dar loro un sostegno economico adeguato in modo che possano dedicarsi completamente alla parrocchia” (A. C).
I movimenti:
“l’importante è che nessuno pensi che il proprio percorso sia quello assoluto” (P.A.); “sono una benedizione. Ma coloro che vi aderiscono devono reinserirsi nella parrocchia e portare nuova vitalità” (A. C.); “sono opportunità di grazie, anche se riscontriamo dei pericoli nella ricerca di autonomia o nel carattere di esclusività” (L. G.); “sono sempre positivi, purché non si chiudano in se stessi e non dividano la comunità” (F. V.).
Vocazione
: “la mia vocazione nasce in famiglia” (D. C.); “è iniziata quand’ero piccolo, con i miei genitori” (L. M.); “mia madre mi presentò a un santo sacerdote, tutto preghiera, che mi volle tra i suoi chierichetti” (A. T.).
Problemi:
“atteggiamenti ipercritici verso gli altri preti e il vescovo” (D. A.); “preti, ottimi solisti, ma con difficoltà di rapporti di comunione” (D. A.); “personalismi, comportamenti pastorali guidati da personali convinzioni, ma poco allineati alle indicazioni del vescovo” (L. B.); “si cammina vicini, ma non insieme” (I. B.); “spesso tra noi sacerdoti si parla poco, difficilmente ci raccontiamo problemi, difficoltà, impressioni” (V. P.).
Letta l’ultima pagina, resta nel cuore la serena percezione che davvero, come dice il titolo stesso del libro, per questi sacerdoti di Foligno “spendersi è il loro guadagno”. E questo è il maggior titolo di onore. Colui infatti che li ha “configurati” a sé con il sacramento dell’Ordine, ha detto: “chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39).

Don Vittorio Peri

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