“Occhi spalancati chiusi”
Stanley Kubrick, l’eccezionale regista statunitense, autore di autentici capolavori cinematografici del calibro di “Arancia Meccanica” e “2001: Odissea nello spazio”, lavorò per decenni alla sua ultima opera filmica, “Eyes Wide Shut“, che uscì postuma nel 1999, pochi mesi dopo la morte del grande cineasta americano naturalizzato britannico. Il titolo è una sorta di gioco di parole e letteralmente potrebbe essere tradotto “occhi spalancati chiusi”. È una specie di ossimoro che rimanda all’onirico: gli occhi sono aperti, ma probabilmente stanno sognando o forse devono imparare a leggere la realtà. Il film è un dramma psicologico che vede protagonisti due sposi, interpretati da Tom Cruise e Nicole Kidman, allora coppia anche nella vita (che proprio in seguito a questo film pare entrò in crisi…). Percorsi interiori, smarrimenti, disorientamenti accecanti: tutto sembra essere prodromico ad una presa di coscienza di sé e dell’altro. Kubrick decise di progettare questo film dopo aver letto con fascinazione il romanzo “Doppio sogno“ di Arthur Schnitzler (1862- 1931), scrittore austriaco, fortemente influenzato da Freud. Uno degli aforismi più famosi attribuito all’autore che ispirò Kubrick è il seguente: “Quando l’odio diventa codardo, se ne va mascherato in società e si fa chiamare giustizia”.
Giustizia è un termine che nell’ultimo periodo riecheggia a Foligno, da tanti atteso, da molti temuto, da qualcuno forse abusato. Siamo convinti che la magistratura non sia mossa da odio, siamo sicuri che non ci siano nemmeno grandi manovratori e non auspichiamo i tribunali del popolo. Non sono questi i nostri desideri: siamo però attratti dai fatti che emergeranno dall’inchiesta ASL3 e dalle sue conseguenze.
Ci servirebbe un incantesimo di chiaroveggenza, una precognizione non surreale, degli occhi capaci di scrutare l’orizzonte per comprendere se stiamo vivendo un sogno/incubo o se la realtà è quella che stralci di intercettazioni ci fanno supporre. Ciò che stupisce è che non dovrebbe esserci bisogno di attendere l’esito dell’inchiesta giudiziaria né di viaggiare nel tempo per comprendere che l’attuale classe dirigente ha subito politicamente un colpo ferale. Fortunatamente qualche bagliore di lucidità si intravede. Vincenzo Riommi, poco tempo fa, riferendosi alle proprie dimissioni da assessore regionale alla Sanità, diceva: “Credo che quando si svolge una funzione di governo basta il solo dubbio, autorevolmente alimentato, per chiedere che si applichi un’etica della responsabilità che oggi nessuno esercita, dimettendosi”.
Perché si rimprovera al governo centrale e ai suoi esponenti l’incapacità di farsi da parte quando la fiducia con i cittadini è incrinata, quando vi è uso privato della funzione pubblica, e a livello locale ci si arrocca fieramente nel motto “mai un passo indietro”? Eppure ne servirebbero parecchi, quanto meno per prendere la rincorsa e scappare il più lontano possibile! Certe contraddizioni dovrebbero poter esistere solo nei sogni, ma sembrano appartenere anche alla nostra politica malata. Forse, come nel film di Kubrick, il tutto è propedeutico ad una presa di coscienza collettiva?
Ma siamo ancora in grado di destarci? Oppure è la nostra percezione del reale che è sbiadita, disorientata ed erroneamente elaborata? Attendiamo di vedere che cosa accadrà: occhi spalancati dunque, sperando che non continuino a rimanere chiusi…
© Gazzetta di Foligno – ENRICO PRESILLA