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Non parlate di Faloci

Il parere del prof. Fabio Bettoni
Gentili Direttori, leggo sul Vostro giornale del 10 ottobre (n. 35) che la «Città di Foligno deve molto» a Michele Faloci Pulignani del quale ricorre il settantesimo dalla morte (primo ottobre 1940); d’altro canto, sempre secondo il periodico, neppure la Chiesa folignate «potrà mai dimenticare le opere di questo suo sacerdote»; ragioni per le quali, sostenete, «Città e Chiesa saranno certamente d’accordo a dedicare a lui la grande Sala di lettura della Biblioteca Comunale». Non ho titolo per esprimere considerazioni sul sacerdote Faloci Pulignani; sul fatto che Foligno gli debba molto, le opinioni sono divergenti, essendo egli stato (sempre) un uomo di parte sul piano politico, un operatore consapevole di fratture nella Foligno
del suo tempo, un sostenitore del fascismo assumendo anche il ruolo di consigliere comunale e di assessore: fatti, questi, che non rendono storicizzabili la sua figura, la sua opera e il suo pensiero e dunque impediscono un’assunzione comune e corale della sua memoria; quanto alla dedicazione della sala di lettura, ammesso che sia necessario farlo, e non mi sembra giacché l’intera struttura è sotto l’alto patrocinio di Dante, non vedo perché si dovrebbe privilegiare Faloci Pulignani. Senza togliere a lui ciò che gli si deve riconoscere, va innanzi tutto rilevato che scelte e lasciti da lui effettuati per quanto importanti – erano molto caratterizzati e circoscritti nelle tematiche, molto personalizzati (ed era inevitabile che così fosse, dato l’incerto confine tra il suo essere privato e il suo essere pubblico); egli, inoltre, arrivò in Biblioteca dopo una lunga vicenda di accessioni documentarie, fondi preziosi e prestigiosi antecedenti il lascito di quello che è tuttora indicato come Fondo Faloci Pulignani; quanto al ruolo di rifondatore, rilevo che tale titolo dovrebbe essere attribuito al signor Feliciano Baldaccini, il quale, con modestia ed impegno esemplari, curò la riorganizzazione dell’Isti- tuto dopo il disastro bellico (unendovi il salvataggio dei fondi archivistici poi confluiti nella Sezione di Archivio di Stato) e ne orientò i destini con passione per moltissimi anni.
In margine, osservo che le memorie su Faloci Pulignani risultano considerevoli: un’epigrafe funeraria nella chiesa cattedrale; due epigrafi celebrative in palazzo Trinci; un’epigrafe sulla fronte della casa natale; una piazza centrale. Inoltre, le occasioni per ricordarlo sono state molteplici: mi limito a citare – senza elencarli – i volumi (almeno sette) pubblicati tra il 1986 e il 2010, produzioni editoriali che hanno visto attive la Diocesi, la Gazzetta, l’Accademia “Fulginia”, l’Associazione “Orfini Numeister”; né vanno dimenticati i ripetuti interventi del Vostro giornale, e non solo (penso a quelli della Pro Foligno). Come si vede, molti hanno dato il proprio contributo al ricordo falociano in una sfera di iniziative del tutto legittime che hanno esaltato il profilo del personaggio e hanno investito la città, senza pretendere di rappresentarne un comune sentire. Proprio perché è un complesso di soggetti dagli orientamenti ideali e culturali articolati e differenti, Foligno deve avere nei pubblici istituti i ga- ranti di un equilibrio delle parti e delle opzioni di fondo che ispirano quelle stesse parti. Intitolare a Dante la Biblioteca comunale, uno spazio pubblico e nevralgico della Foligno odierna, è stata una scelta non solo giusta, come Voi stessi sottolineate, ma di equilibrio. Sarebbe opportuno fermarsi.

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